Dalla sera di martedì 2 settembre a Lampedusa non si fa che parlare di alcuni strani eventi che si sono verificati, in cielo i primi e in mare qualche giorno dopo. Eventi scolpiti nella memoria degli isolani come il riverbero di tre boati che hanno fatto tremare l’isola. Due più forti e uno di intensità inferiore, i cui maggiori sono stati sentiti anche a Linosa e in parte anche nell’agrigentino.
Non che a Lampedusa non siano abituati a simili tremori. Terremoti al largo e costoni che vengono giù – solitamente in autunno – sono routine, ma l’abbinamento tra i boati ed una strana scia in cielo ha reso il tutto assai diverso. Anzi, gli eventi sarebbero in realtà tre, ma del terzo a Lampedusa si sa poco e le congetture sull’accaduto spaziano da probabili teorie fino al fantastico.
La cronologia degli eventi
La sera del 2 settembre, circa una decina di minuti prima delle 22, una scia luminosa con sfumature di colore cangianti dal verde al rosso-arancione delle fiamme è apparsa sui cieli di Lampedusa. La scia si è divisa in tre frammenti con brevi rispettive scie e poco dopo gli isolani hanno avvertito i forti boati. Inizialmente l’episodio era stato giustificato – in maniera poco plausibile – come un meteorite o comunque un corpo celeste. In tal caso, la scia non sarebbe stata a centinaia di miglia di distanza – anche solo 15 chilometri di quota – ma meteorite o bolidi si sarebbero schiantati nel mare di Lampedusa, giustificando così i forti boati sentiti dalla popolazione successivamente all’avvistamento.
“Lampedusa in 2 minuti”, pagina di informazione social indipendente sulla maggiore delle Pelagie, stava documentando attività della Guardia Costiera in porto quando nell’inquadratura si è trovata la scia luminosa. Il documento video mostra così che l’oggetto, o il corpo celeste, precipitava in linea d’aria ad ovest-nordovest dell’isola. Sullo stesso versante dell’isola in cui quattro giorni più tardi il peschereccio isolano Andrea Doria si è trovato davanti uno strano oggetto galleggiante.
Il drop tank israeliano
Un drop tank è un serbatoio ausiliario che viene installato sotto l’ala di un velivolo militare dalla ridotta autonomia di volo. Generalmente sotto le ali dei caccia che compiono missioni diverse dall’intercettare velivoli non “friendly” nel proprio spazio aereo.
La caratteristica di questi dispositivi ausiliari è che il “contenitore” è a perdere. Il pilota infatti lo sgancia – solitamente in mare, in zona sicura per i civili – prima di atterrare in condizioni di scarsa sicurezza oppure insieme allo svuotamento del resto del carburante interno vengono sganciati i serbatoi ausiliari prima di appontare su una portaerei. I pescatori della Andrea Doria si sono imbattuti in una sezione di un drop tank israeliano sabato, quattro giorni dopo il fulgore nei cieli di Lampedusa cui sono seguiti tre boati percepiti su entrambe le isole abitate delle Pelagie.
Il serbatoio trovato dalla Andrea Doria e segnalato alla Capitaneria di Porto di Lampedusa che ha inviato una motovedetta sul posto, la piccola B127, emanava ancora un forte odore – presumibilmente di carburante avio jet – ed a parte frammenti divelti sulla sezione monca non mostrava segni di esplosione o lunga esposizione agli effetti del mare. In altre parole, stava li da non molto. Forse qualche giorno.
La strana coincidenza israeliana di Sigonella
Poco prima della scia di un presunto meteorite sui cieli di Lampedusa, settantacinque minuti prima con approssimazione di qualche minuto, atterravano sulla pista della base militare di Sigonella, nella Sicilia orientale, dei velivoli israeliani. Israeliani come l’appartenenza leggibile sul troncone di drop tank ritrovato poi in mare a Lampedusa. Caccia di scorta ai velivoli cargo KC-130 dell’IAF (Israeli Air Force) potrebbero aver sganciato i propri serbatoi ausiliari, utilizzati per avere autonomia dalla base militare di Nevatim, nello Stato di Israele, fino a quella siciliana in cui operano l’Aeronautica Militare italiana e la Naval Air Station americana e che viene inoltre impiegata come base di supporto per operazioni Nato.
Un paio di piccole incongruenze pongono però dubbi su questa ipotesi. La prima è che l’impatto sul mare dei drop tank, se questi fossero stati la scia luminosa separata in tre sezioni e vista da Lampedusa, non avrebbe generato boati impattando con la superficie del mare. Per quanto tali serbatoi ausiliari possano contenere anche duemila litri di carburante, un drop tank vuoto o semivuoto non fa tremare gli infissi in un centro abitato a miglia di distanza. Potrebbe farlo una esplosione in cielo, il cui boato arriverebbe certamente dopo l’avvistamento della scia luminosa, ma non l’impatto in mare. La seconda incongruenza riguarda la rotta dei velivoli israeliani diretti a Sigonella, se alla base erano originariamente davvero diretti come la Difesa italiana ha affermato sostenendo che si trattava solo di una operazione di addestramento precedentemente concordata.
L’oggetto misterioso avvistato nei cieli di Lampedusa si trovava in linea d’aria in direzione della costa sudoccidentale della Sicilia.
Il mistero nei cieli delle Pelagie
Pochi minuti prima dell’atterraggio a Sigonella di velivoli israeliani – i cargo sono spesso tracciabili mediante Ais mentre i caccia in operazione non lo sono mai – una scia luminosa seguita da forti boati è stata vista da Lampedusa. Quattro giorni più tardi la corrente ha messo sulla rotta del peschereccio pelagico Andrea Doria una sezione di un serbatoio ausiliario di un velivolo israeliano. Restano i dubbi sulla scia e sui tre boati e corre ormai veloce l’ipotesi non confermata da alcuna autorità – né italiana né israeliana – che un velivolo dell’IAF possa essere precipitato nel Canale di Sicilia. Un lembo di saldatura della sezione monca del drop tank ritrovato a Lampedusa farebbe infatti pensare ad uno “strappo” del metallo all’impatto con il mare. Il ritrovamento è comunque oggetto di attenzione militare italiana dopo il recupero che ha coinvolto la Guardia Costiera. I dubbi su quanto accaduto la sera del 2 settembre verranno difficilmente dipanati. Ma in assenza di chiarezza, come ormai noto a tutti, ogni teoria si presenta praticabile. Tanto da far uscire con una pubblica nota il sindaco di Lampedusa e Linosa volta a smentire ipotesi diverse dalla realtà sull’oggetto israeliano ritrovato.
Mannino: “Esclusa la presenza di qualsiasi traccia di materiale esplosivo o radioattivo”
Il primo cittadino delle Pelagie, Filippo Mannino, ha risposto, all’indomani del ritrovamento, ad una asserzione pubblica della senatrice del Movimento 5 stelle Dolores Bevilacqua. Mannino lo fa dopo aver ricevuto evidenti rassicurazioni da parte delle autorità competenti, citate ma non specificate nel post. “Dalle prime verifiche tecniche, l’oggetto sembrerebbe riconducibile a un serbatoio supplementare di carburante per aerei, e non a un ordigno militare attivo – afferma Mannino rispondendo chiaramente a Bevilacqua – né tantomeno a un ‘missile spaziale’, come impropriamente affermato. Si resta ovviamente in attesa degli esiti definitivi delle analisi da parte degli organismi preposti”. Il sindaco di Lampedusa e Linosa poi va giù duro sull’allarmismo paventato dalla senatrice pentastellata:
“Alla luce di ciò, trovo gravissime e del tutto irresponsabili le dichiarazioni pubblicate dalla senatrice del Movimento 5 Stelle Dolores Bevilacqua, che ha parlato pubblicamente – senza alcun riscontro ufficiale – di ‘missile israeliano’ e ha ipotizzato nessi con scenari internazionali altamente sensibili, creando un procurato allarme tra la popolazione e potenziali danni irreparabili all’immagine, alla sicurezza e alla serenità dell’isola che rappresento”.
Il sindaco di Lampedusa pronto ad azioni legali
L’allarme, è innegabile, in qualche modo è stato procurato. L’idea che sulle teste dei bagnanti di Lampedusa possa esserci un “campo di battaglia” oppure che sistemi d’arma o altro possa precipitare sulle teste dei turisti non aiuta nessuno. Tanto più se è un allarme infondato, ed il procurato allarme si sa che è un reato punibile secondo quanto stabilito dal codice penale.
“Lampedusa e Linosa meritano rispetto”, scrive Filippo Mannino aggiungendo che “i cittadini, i turisti, gli operatori economici e tutte le persone che vivono o visitano queste isole non possono essere oggetto di strumentalizzazioni politiche o speculazioni fantasiose, tanto più se provenienti da chi ricopre ruoli istituzionali nel Parlamento della Repubblica”.
Così, restando in attesa “degli esiti definitivi delle analisi da parte degli organismi preposti”, il sindaco Mannino mette in mora tutti, senatori inclusi, sui termini che verranno usati in riferimento all’episodio del ritrovamento: “Rivolgo dunque un richiamo fermo al senso di responsabilità, alla continenza comunicativa e al rispetto della verità dei fatti. L’amministrazione comunale – conclude il sindaco – si riserva di valutare, insieme ai propri legali, ogni azione necessaria a tutela dell’immagine e della sicurezza del nostro territorio”.
Foto: Courtesy of Lampedusa in 2 Minuti

