Gli inquirenti stanno analizzando l’audio come possibile elemento utile per le indagini, mentre a Monreale e Palermo il dolore è ancora palpabile.
Un audio sta facendo il giro dei social: sarebbe la ricostruzione fedele e agghiacciante della notte di follia tra sabato e domenica scorsi a Monreale, in cui hanno perso la vita tre giovani. A raccontare quei momenti è un coetaneo delle vittime, che parlando con un amico rivive l’orrore di quella notte. Un racconto che, secondo gli inquirenti, mette in fila gli eventi che hanno portato alla sparatoria.
La lite per uno scooter e la tensione crescente
Tutto inizia per una banale discussione legata al passaggio ravvicinato di uno scooter, guidato presumibilmente da Salvatore Calvaruso, 19 anni, ora in carcere con l’accusa di triplice omicidio. Secondo quanto riferisce l’audio, Calvaruso avrebbe tagliato la strada a Salvatore Turdo, una delle vittime. Turdo, conosciuto per il suo carattere impulsivo, avrebbe reagito dicendo: “Attento che ci sono anche i bambini”. La risposta del giovane sullo scooter sarebbe stata aggressiva: “Tu chi m. sei?”.
A quel punto, il cugino di Turdo, Andrea Miceli, avrebbe tentato di placare gli animi: “Chiedigli scusa, che ci stiamo divertendo tutti”. Ma la situazione è precipitata quando, con uno dei ragazzi girato di spalle, è arrivato un colpo di casco alla testa.
La rissa e il ritorno con le armi
Dalla tensione si è passati alla violenza fisica. Secondo il racconto, i giovani di Monreale avrebbero aggredito i palermitani colpendoli con caschi da moto. “Avevano i volti insanguinati – continua il giovane – quelli con il casco se la sono cavata con ferite al volto, gli altri erano messi peggio”.
La rissa si placa, ma è solo una pausa prima della tragedia. I palermitani sarebbero tornati poco dopo armati: “Hanno preso i ferri”, cioè le pistole, e hanno aperto il fuoco.
Il racconto in lacrime: “Mi è morto tra le braccia”
Il momento più straziante dell’audio è la descrizione della morte di Salvatore Turdo. La voce del giovane si spezza mentre racconta: “Lo capisci che poteva sparare anche a me? Salvo mi è morto tra le braccia, aveva una ferita al collo, mi chiedeva aiuto e io non sapevo cosa fare”.
Le parole spezzate dalla disperazione rendono ancora più reale e dolorosa la tragedia. Gli inquirenti stanno analizzando l’audio come possibile elemento utile per le indagini, mentre a Monreale e Palermo il dolore è ancora palpabile.