Ida Applebroog, presenza monumentale nel movimento artistico femminista americano, nota soprattutto per i dipinti e le sculture che esplorano i temi del genere, dell’identità sessuale, della violenza e della politica, è morta domenica 22 ottobre a New York all’età di 93 anni. L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla galleria Hauser & Wirth di Manhattan, che rappresentava Applebroog dal 2009.
Nel 1973 partecipò allla Feminist Artists Conference del California Institute of the Arts che vide la nascita del movimento dell’arte femminista negli Stati Uniti, il cui obiettivo era lo studio, la creazione, la comprensione e la promozione dell’arte prodotta da donne. Nel corso di sei decenni, la pratica di Applebroog si è mossa tra pittura, scultura, film e fotografia, con l’obiettivo di un’arte multimediale. La sua opera è stata affascinata dai corpi, molti dei quali ritratti in ambienti domestici, in accoppiamenti e raggruppamenti ambigui. Sotto il suo sguardo intransigente, l’interazione era un gioco dettato dalla violenza e dal genere. Nei suoi dipinti, le persone sono ridotte a contorni grafici e gocciolanti o a genitali solitari e disincarnati.
Per l’edizione 2012 di Documenta a Kassel, in Germania, aveva presentato una serie di fotografie in cui le donne brandivano cartelli con la scritta “First enslave mankind” (Schiavizzare prima l’umanità); il manifesto era appoggiato tra le gambe aperte di una donna che sorrideva ai passanti.
Le opere di Applebroog sono presenti nelle collezioni permanenti di istituzioni di rilievo quali il Whitney Museum, il Metropolitan Museum of Art, il Museum of Modern Art e il Guggenheim Museum di New York. L’artista è stata insignita di numerosi riconoscimenti, tra cui il MacArthur Fellowship “Genius Grant”, il College Art Association Distinguished Art Award for Lifetime Achievement e un dottorato onorario in Belle Arti della New School for Social Research/Parsons School of Design.
Ida Applebroog – nata come Ida Applebaum l’11 novembre 1929 a New York da genitori ebrei ultraortodossi originari della Polonia – ha attirato l’attenzione della comunità creativa newyorchese a metà degli anni ’70 attraverso una serie di libri intimi autopubblicati che ha chiamato “Stagings” che contengono disegni di cartoni animati. I tomi ricordavano i libri sfogliabili; li ha spediti ad artisti e scrittori. Dopo il suo coinvolgimento con il movimento femminista, nel 1974 si unì al collettivo Heresies, che comprendeva figure come la curatrice Lucy Lippard e le artiste Joan Snyder e Pat Steir. Contribuendo alla pubblicazione del collettivo Heresies, ha sviluppato i suoi disegni distintivi: figure audaci e da cartone animato; questi personaggi venivano presentati privati dei dettagli narrativi e spesso erano incorniciati da finestre o schermi, come fantasmi di una casa in rovina.
Nel corso dei decenni ha esposto ampiamente negli Stati Uniti e in Europa. Tra i suoi lavori ci sono “Modern Olympia” (1997-2001), una versione femminista della pittura di Eduard Manet, e “Photogenetics” (2005), una serie di ritratti realizzati con tecniche miste creati attraverso un incontro sperimentale tra modellazione dell’argilla, fotografia, pittura e stampa. I volti risultanti sono macabri, sembrano uno spirito mutilato capovolto.
L’arte di Applebroog è stata esposta al Brooklyn Museum, al Contemporary Arts Museum di Houston e alla Corcoran Gallery of Art di Washington. Una retrospettiva si è tenuta al Museo Reina Sofía di Madrid nel 2021.
Foto di Deeana Arts – Pexels