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Morte, trasferimento dello spirito

Morte, trasferimento dello spirito
Giornata felicità – libertà – Foto di Daniel Reche da Pixabay

Qualche tempo fa ho scritto un editoriale dal titolo “Non temo la morte perché l’ho capita”, in cui ricordai a me stesso che credo nell’esistenza del Supremo Architetto e che esso ha formato la persona umana con la parte fisica e la parte spirituale. Questa, che da molti filosofi è stata denominata anima, spirito, volontà, conoscenza o altro, è qualcosa di immateriale che di fatto governa quello che vogliamo fare.
Lo stesso istinto, che ci fa muovere e sembra indipendente dalla nostra volontà, probabilmente è collegato allo spirito. Si tratta di entità inesplorate sulle quali ognuno può opinare come vuole, in modo del tutto legittimo, perché la scienza e la conoscenza umana non sono in condizione di dare spiegazioni, né grandi né piccole.
Cosicché, su questo versante noi continuiamo a brancolare nel buio e ognuno, di conseguenza, può pensarla come vuole e può regolarsi come meglio crede. Resta però il fatto che lo spirito aleggia sopra di noi, anche con quello che noi usiamo chiamare “sesto senso”.

Sono noti i nostri cinque sensi: olfatto, tatto, udito, vista e gusto. Per cui facciamo fatica a individuare il sesto, ma, a occhio e croce, possiamo dire che esso è proprio lo spirito (o l’anima, o la conoscenza, o la volontà).
In effetti non ci sembra che quando ci muoviamo in questi meandri siamo noi che ci muoviamo, ma è come se ricevessimo impulsi di varia natura, anche elettrici, che ci spingono a fare delle cose di cui non abbiamo cognizione.

È un mistero che ancora non è stato chiarito e forse mai lo sarà. Provocatoriamente, neanche l’intelligenza artificiale, cui alcuni vogliono riconoscere facoltà taumaturgiche, sarà in condizione di farlo, per il semplice fatto che essa raggruppa la conoscenza delle persone umane, che l’hanno trasferita in immensi serbatoi digitali, elaborati da software capaci di miliardi e miliardi di processi in tempi brevissimi.

È deprecabile attribuire facoltà che non ha all’intelligenza artificiale perché può creare incomprensioni a chi non è informato/a sulla questione e quindi non riesce a capire meccanismi obiettivamente difficili.
Se si tentasse di capire quanto abbiamo scritto, si riuscirebbe a smaterializzare in qualche misura la nostra vita, proprio perché essa è fatta sia di materia che di spirito. Il che ci porterebbe a ragionare in un modo diverso, pensando che non tutto è comprensibile per noi umani e, soprattutto, non tutto l’esistente e ciò che noi vediamo, anzi pare che le conoscenze siano qualche punto percentuale dell’esistente.

Per cui, quando sentiamo i/le soloni/e discettare e profetizzare, ci viene un sorriso perché ci rendiamo conto che essi/e hanno capito poco dell’esistenza complessiva. Soprattutto non hanno capito che per conoscere bisogna ricercare, ricercare e ricercare, senza stancarsi mai, sapendo che solo fallendo si ottiene il successo. Guai ai/alle presuntuosi/e che pensano di avere la bacchetta magica con cui raggiungere ciò che vorrebbero.
Bisogna temperare la necessaria razionalità di cui siamo dotati/e, se siamo capaci di usarla, con l’inventiva e anche con la visione di scenari che non si vedono.

Sono proprio i/le visionari/e coloro che hanno fatto progredire l’umanità; sono i progressisti (o rinnovatori) che fanno capire come dovrebbero essere le cose, mentre i conservatori parrucconi vogliono che tutto resti com’è oppure, alla Tomasi di Lampedusa: “Che tutto cambi per non cambiare nulla”.

Che c’entra il ragionamento appena fatto con il titolo di questo editoriale? A noi sembra che vi sia una precisa connessione, perché solo avendo cognizione della doppia entità che è in noi (anima e corpo), possiamo vedere meglio qual è la realtà, che, ricordiamo, non è solamente quella sotto i nostri occhi, bensì tutta l’altra parte che immaginiamo.

Così come immaginiamo il luogo dove si trasferirà lo spirito quando il corpo cesserà le sue funzioni e immaginiamo di poter avere interlocuzioni con lo spirito delle persone care che ci hanno preceduto.
Qualcuno osserverà che queste brevi considerazioni possono essere frutto del calore estivo, ma vi possiamo assicurare che le facciamo anche quando c’è la neve.