Mille i decessi registrati nel corso del 2023, mentre il nuovo anno sembra essere iniziato nel peggiore dei modi. Governo al lavoro su misure più stringenti per tutelare la salute nei luoghi di lavoro. Ma c’è bisogno di verifiche sulla reale attuazione di tali norme
ROMA – Un conteggio drammatico, drammaticamente costante, che potrebbe indurre molti a pensare che sia una cosa normale, quasi inevitabile. Un numero di cui tener conto semplicemente per una questione numerica. Questo però è il peggior errore da fare quando si affronta il tema delle morti sul lavoro: credere che la casistica rappresenti qualcosa di inevitabile. Perché non ci si può arrendere di fronte alle terribili storie di donne e uomini che escono di casa per andare a lavorare e alla fine non fanno più ritorno.
A Firenze cinque persone uccise per un crollo in cantiere
Uno dei casi più recenti, tra i più drammatici e impressionanti degli ultimi anni, è stato quello di Firenze, dove durante i lavori per la costruzione di un supermercato un crollo ha provocato il decesso di cinque persone impegnate a lavorare nel cantiere. Un episodio terribile, che ha scosso le coscienze non soltanto nel capoluogo toscano ma in tutta Italia. Perché drammi del genere non possono rappresentare la normalità.
Morti bianche, numeri terribili nel nostro Paese
Eppure i numeri nel nostro Paese continuano a essere terribili, seppur gli ultimi dati diffusi dall’Inail in riferimento alla chiusura del 2023 abbiano fatto segnare un lievissimo miglioramento rispetto all’anno precedente. Al 31 dicembre scorso, infatti, è stata registrata una diminuzione del 4,5% rispetto all’anno precedente, da 1.090 a 1.041. “Al netto dei decessi da Covid-19 – hanno sottolineato dall’Inail – che si erano già quasi azzerati nel 2022, la riduzione degli infortuni mortali resta comunque alta, di poco oltre il 4%. A diminuire sono solo i decessi avvenuti in itinere, dai 300 del 2022 ai 242 del 2023, mentre quelli in occasione di lavoro sono stati nove in più, da 790 a 799. Il 91,7% dei casi mortali riguarda gli uomini, con un calo dell’1,5% rispetto al 2022, e quasi la metà dei decessi rientra nella fascia tra i 50 e i 64 anni”.
“Gli infortuni mortali ‘plurimi’ – hanno aggiunto ancora dall’Inail – in cui hanno perso la vita due o più lavoratori, nel 2023 sono stati 15 per un totale di 36 vittime, 22 delle quali con mezzo di trasporto coinvolto. Tra i più noti, quello avvenuto nell’agosto 2023 a Brandizzo (Torino), dove cinque addetti alla manutenzione dei binari della ferrovia sono stati travolti da un treno, la deflagrazione in una fabbrica di fuochi di artificio che a settembre ha fatto tre vittime in Abruzzo, l’analogo incidente di luglio in provincia di Rieti, dove hanno perso la vita padre, madre e figlio, e in novembre lo scontro frontale vicino a Urbino tra un pullman e un’ambulanza, con il decesso dei tre operatori sanitari (e del paziente) che viaggiavano a bordo di quest’ultima. Nel 2022 erano stati denunciati 19 incidenti plurimi per un totale di 46 decessi, di cui 44 stradali”.
A gennaio 2024 45 persone hanno perso la vita
Il 2024, come già accennato, ha peso il via in modo drammatico. E i numeri, ancora una volta, chiariscono al meglio la situazione. Come riportato infatti dai dati elaborati dall’Osservatorio Sicurezza sul lavoro e Ambiente Vega Engineering di Mestre, sono 45 le persone che hanno perso la vita nel primo mese dell’anno, di cui due in Sicilia. Nella classifica delle zone più colpite, l’Isola si piazza nella cosiddetta “zona arancione” insieme a Sardegna, Liguria, Piemonte e Lazio. In zona rossa, invece, Umbria, Abruzzo e Calabria tra le altre. A finire in zona rossa per i morti sul lavoro nel gennaio del 2024 sono sei regioni: si tratta di Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Umbria, Abruzzo e Calabria.
Servono maggiori controlli
Un quadro grave, che soltanto un elemento può fermare: maggiori controlli da parte degli Enti preposti. Il problema, però, è che il numero di ispettori che dovrebbe verificare i livelli di sicurezza all’interno delle aziende è drammaticamente basso, tanto a livello nazionale che in Sicilia. Sul territorio italiano parliamo infatti di circa 5.200 persone che dovrebbero puntare i riflettori su oltre 5 milioni di imprese attive. A livello siciliano, invece, parliamo di una settantina di addetti a fronte di una realtà produttiva composta da circa 40 mila unità.
Insomma, la situazione è a dir poco preoccupante. Serve una reale presa di posizione da parte delle istituzioni per porre fine a quella che ormai non può che essere definita altro che una strage.
Sì al varo di leggi più severe, ma poi è necessario farle rispettare
ROMA – “Nessun passo indietro sulla sicurezza del lavoro. Andremo avanti per attuare quanto già adottato da quando il Governo si è insediato. Ma altro sarà fatto”. Così si è espresso il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, dopo la tragedia del cantiere di Firenze.
Il Governo ha pertanto messo mano su nuovo pacchetto di norme per il contrasto al lavoro sommerso, al caporalato e per la tutela della sicurezza nella filiera degli appalti. Misure che si aggiungono ai diversi interventi già adottati per rendere i luoghi di lavoro e quindi i lavoratori, più sicuri.
Controlli e formazione
Dal Governo sono poi arrivate rassicurazioni su controlli e formazione. In una nota del ministero competente, infatti, è stato spiegato come il Ddl Lavoro, attualmente in discussione in Parlamento “non contempla in alcun caso l’eliminazione dell’obbligo di badge per gli operai dei cantieri edili. Più semplicemente, la norma intende semplificare il quadro normativo abrogando norme pressoché identiche in materia di tessere di riconoscimento (commi 3, 4 e 5 dell’articolo 36-bis del Decreto legge n. 223 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 248 del 2006). Identico obbligo è infatti già previsto dall’articolo 26, comma 8, del Decreto legislativo n. 81 del 2008, secondo il quale ‘nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro’. Quanto alle 16 ore obbligatorie di formazione, al momento non è intervenuta alcuna modifica dell’accordo Stato-Regioni esistente. Il confronto con le parti sociali, ancora in corso ha come obiettivo il raggiungimento di un accordo relativo ad una migliore valutazione del rischio e la conseguente individuazione delle ore di formazione da svolgere sulle specifiche attività. Quindi, non uno standard uguale per tutti bensì una migliore profilazione della formazione necessaria”.
La necessità di intervenire sul fronte della sicurezza è stata espressa più volte anche dai sindacati e di recente su questo punto è tornato anche il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra: “Serve un grande risveglio nazionale, che non ammette bandierine identitarie. La Cisl è impegnata per questo in una mobilitazione da Sud a Nord, con assemblee nei luoghi di lavoro e iniziative sui territori. Vogliamo dare profondità a una battaglia di civiltà per frenare una scia di sangue che porta via oltre mille vittime l’anno e macchia i valori della Costituzione”.
“Sono condivisibili le misure varate dal Governo, ma bisogna connetterle a una strategia nazionale partecipata dalle parti sociali, sindacato in testa. Il dialogo deve essere costante e strutturato, verso un patto tra istituzioni, mondo del lavoro e imprese. Vanno rafforzate le ispezioni sui luoghi della produzione e incrociate le banche dati; le tutele degli appalti pubblici sono da estendere anche ai grandi cantieri privati; occorre promuovere ad ogni livello cultura della sicurezza e della legalità, inasprendo le sanzioni penali contro il lavoro sommerso, facendo un grande investimento sulla prevenzione, istituendo la materia nelle scuole dell’obbligo”.
“È fondamentale anche – ha concluso – agire sulle relazioni industriali, riconoscendo ai delegati della sicurezza maggiori poteri decisionali e di controllo. Quella della sicurezza è una priorità che riguarda tutti e su cui ogni componente politica e sociale deve sentirsi coinvolta”.
L’introduzione di leggi più severe può rappresentare un’arma in più in questa delicata battaglia. Ma è fondamentale ricordare una cosa: senza verifiche per accertare che tutto risponda effettivamente a quanto previsto dalle norme, anche la legge migliore del mondo può risultare inefficace.