Mostre, a Marsala Accardi e Sanfilippo, la lingua del segno - QdS

Mostre, a Marsala Accardi e Sanfilippo, la lingua del segno

redazione web

Mostre, a Marsala Accardi e Sanfilippo, la lingua del segno

sabato 26 Settembre 2020

Dal Gruppo Forma agli anni Settanta, l'omaggio ai due artisti siciliani dalla notorietà internazionale e che furono per lungo tempo anche compagni di vita . GUARDA IL FILMATO

Un segno che da un decennio all’ altro si allarga e si rimpicciolisce, cambia forma, passa dal contrasto bianco-nero al colore, mantiene inalterata la sua capacità di suggestione. Indaga su come su questo terreno si sono confrontati Carla Attardi e Antonio Sanfilippo, tra i protagonisti della pittura italiana della seconda metà del Novecento, la mostra che nel museo del Carmine, a Marsala, riunisce fino al dieci gennaio prossimo una cinquantina di opere.

Dei due artisti siciliani – lei nata a Trapani nel 1924, lui a Partanna nel 1923 – “L’ avventura del segno”, curata da Sergio Troisi, racconta per la prima volta in parallelo il percorso artistico e personale, dagli esordi in ambito costruttivista alla fine degli anni Quaranta, al decennio successivo che proiettò entrambi sulla scena internazionale, fino agli inizi degli anni Settanta.

La loro avventura cominciò subito dopo la fine della guerra con l’ adesione al gruppo Forma 1, costituito a Roma con Pietro Consagra, Ugo Attardi, Renzo Vespignani, Giulio Turcato, Piero Dorazio e Mino Guerrini.

“Noi ci proclamiamo formalisti e marxisti”, affermavano nel manifesto pubblicato nel 1947 in cui tra l’ altro si attribuiva al quadro anche la funzione di “complemento decorativo di una parete” e a una scultura quello di arredo di una stanza.

Nel dicembre dell’anno precedente un viaggio collettivo a Parigi aveva mostrato loro l’ eredità delle avanguardie artistiche di inizio secolo e avrebbe avuto un peso determinante nella loro evoluzione orientandoli verso uno stile postcubista.

“Eravamo la generazione aperta all’ Europa” spiegò Consagra. Carla Accardi e Antonio Sanfilippo si sposarono nel 1949 e fino alla metà degli anni Sessanta condivisero un lungo tratto di vita insieme. ‘

“Erano presi come coppia. Hanno imparato l’uno dall’altra”, così li descrisse Dorazio.

La mostra, con molti lavori di grande formato, anche nell’allestimento mette in luce gli elementi che accomunano i due artisti e le differenze di percorso passando, spiega Troisi, “dalle opere degli anni del Gruppo Forma ai dipinti della metà degli anni Cinquanta, con una sala dedicata a opere in cui la riduzione del colore al bianco, al nero e al grigio evidenzia, il carattere più strutturale del segno di Accardi e quello più lirico di Sanfilippo; dalla stesura luminosa di colori iridescenti dei dipinti di Accardi dei primi Sessanta a quella, dei medesimi anni, in cui il segno di Sanfilippo si rimpicciolisce in forme vaganti come costellazioni”.

Lo sguardo punta anche “alla sperimentazione di Accardi di una materia industriale e trasparente quale il sicofoil a cui corrisponde, in Sanfilippo, l’adozione di ampi spazi vuoti”.

“Il segno è l’elemento essenziale dell’espressione, il primo grado di una forma, l’articolazione di un linguaggio” affermava nel 1956 Sanfilippo, esprimendo un principio-guida comune. Per Carla Accardi l’anno di svolta su il 1954, con quel cambio di posizione davanti alla tela. “Mi metto a terra e faccio dei segni non nero su bianco, che sarebbe scrittura, ma bianco su nero”, disse. Per entrambi l’uso del colore diventò fondamentale nei primi anni Sessanta. Tra la fine del decennio e l’ inizio del successivo la produzione di Sanfilippo si diradò man mano fino a interrompersi del tutto.

“Nei dipinti di questi anni – osserva il curatore – il segno ingrandito è spesso un contorno che chiude il fondo bianco della tela, talvolta a forma di falcetto o di tenaglia; altre volte, nelle opere estreme, la pennellata si allarga, scindendo in più nuclei il movimento di colori abbrunati, neri e grigi”. ùùIn quello stesso periodo “Accardi ha ormai da tempo sviluppato la ricerca sulla trasparenza in direzione di una dimensione installativa e ambientale. Anche in queste opere la stesura del colore avviene con segni più ampi, per ragioni ormai lontane da quelle di Sanfilippo; tuttavia è difficile sfuggire alla suggestione di leggere in alcuni lavori della prima metà degli anni settanta caratterizzati da un colore meno luminoso e gioioso, quando Sanfilippo era trincerato nel suo silenzio, ancora il sentore di un dialogo a distanza, sia pure ormai unilaterale. Quasi una forma di congedo”.

Antonio Sanfilipo morì nel 1980 per le conseguenze di un incidente stradale.

Carla Accardi negli anni Ottanta tornò a dipingere su tela e continuò a produrre e ad esporre in Italia e all’estero.

Morì a Roma nel febbraio 2014.

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