Confermato, ma non dal Direttore, che il "forchettone" sarebbe stato inserito per evitare che la funivia si dovesse ancora fermare dopo il blocco causato dalla pandemia, impedendo i guadagni
Mottarone: attesi per oggi la richiesta della convalida degli arresti del proprietario, del direttore e del capo operativo della funivia e per il conferimento dell’incarico a ingegneri del Politecnico di Torino per una maxi consulenza.
Luigi Nerini, il titolare, Enrico Perocchio, il direttore, e Gabriele Tadini, capo servizio della funivia, sono accusati, in concorso tra loro, di omissione dolosa, “articolo 437 del codice penale”, ha spiegato ieri la procuratore di Verbania Olimpia Bossi, con l’aggravante che da questo comportamento è derivato un disastro.
Un reato che prevede una pena fino a dieci anni, a cui si aggiungono l’omicidio colposo plurimo e le lesioni gravissime per cui i tre sono indagati.
Confermato insomma, con alcuni distinguo da parte del Direttore, che si sarebbe trattato di un gesto “consapevole”, per evitare che la funivia si dovesse ancora fermare dopo il blocco causato dalla pandemia, con il conseguente calo di guadagni.
Si sarebbe agito a discapito della sicurezza dei passeggeri perché quella cabina aveva, come ha ammesso ieri Tadini, problemi “da un mese o un mese e mezzo”. E per cercare di risolverli sono stati effettuati “almeno due interventi tecnici”.
Così è stata strage: quattordici morti, tra i quali due bimbi.
Un quadro, hanno sottolineato gli inquirenti, “molto grave e inquietante”.
E non si esclude che potrebbero esserci altri indagati, perché se è vero che i tre fermati erano “coloro che prendevano le decisioni” e che avrebbero “condiviso” quella scelta, il sospetto degli inquirenti è che anche altri sapessero delle anomalie della funivia e di quel “forchettone”, il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni di cui ieri è stata trovata tra i boschi un’altra parte, la seconda.
Quanto agli indagati, il Direttore ha fatto sapere attaverso il proprio legale di non aver autorizzato l’utilizzo della funivia in quelle condizioni.
“L’ingegner Perocchio – ha detto l’avv. Andrea Da Prato – nega categoricamente di aver autorizzato l’utilizzo della cabinovia con i ‘forchettoni’ inseriti e anche di aver avuto contezza di simile pratica, che lui definisce sucida”.
“Il mio cliente ha ribadito – ha aggiunto – che nessun operatore di impianti a fune sarebbe così pazzo da montare su una cabina con le pinze inserite” (ovvero il freno d’emergenza disattivato).
L’avvocato Marcello Perillo, legale di Tadini, ha invece fatto sapere che “essendo un cattolico fervente sta cercando conforto nella fede”.
Intanto gli occhi dell’Italia sono puntati su Eitan, il bimbo unico sopravvissuto della strage, che da ieri respira da solo ma non è ancora completamente cosciente.
Oggi in Israele i funerali dei genitori e del fratellino.
Nel primo pomeriggio a Varese quelli di altre due delle quattordici vittime.