Dopo la mancata pulizia dei fiumi, la mancata spesa dei fondi nazionali ed europei getta nuove ombre sul suo mandato. Clamoroso anche il “caso Cannes”
PALERMO – Venerdì scorso il Quotidiano di Sicilia ha pubblicato un approfondimento: “Governo Musumeci, in Sicilia il passato ritorna. Incompiute di ieri, problemi di oggi”. Un titolo che la dice lunga su come la nostra Isola sia perennemente alla ricerca di una svolta che non è mai arrivata, a dispetto delle promesse e dei proclami, neanche con il Governo Musumeci.
Un passato, quello della Sicilia, che ha da sempre il sapore della “condanna”. Né Musumeci né i Governi che l’hanno preceduto sono riusciti a mettere la nostra terra nelle condizioni di voltare pagina. I problemi irrisolti sono rimasti lì, a condizionare presente e scenari futuri e a condannarci ad una condizione di sottosviluppo che onestamente non meritiamo.
Il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, si sta confrontando con una serie di emergenze che tali sono rimaste anche quando Musumeci, lasciando la poltrona di governatore, assicurava che stava lasciando una Sicilia “con le carte in regola”: rifiuti, dissesto idrogeologico, (in)efficienza della burocrazia, rete idrica colabrodo, disastro società partecipate, solo per fare alcuni esempi.
Tanti i nodi irrisolti, senza dimenticare l’emergenza maltempo nel Ragusano che nelle scorse settimane ha riacceso i riflettori sulla mancata pulizia dei fiumi lasciando “scappare” a Schifani un amaro sfogo che sembrava rivolto (anche) a Musumeci: “Nessuno si è mai occupato della pulizia dei fiumi”.
Non è vero, dunque, che il passato è passato. E non sempre è possibile buttarselo alle spalle come niente fosse e voltare pagina.
Cuffaro, Lombardo, Crocetta, Musumeci: l’inerzia, il “non fare” della politica siciliana ha scandito per troppo tempo la nostra storia: tanti i governi che si sono succeduti ma che non hanno lasciato il segno, condannandoci così ad un futuro incerto e ben al di sotto delle nostre potenzialità (che sono invece enormi). Lo sa bene anche Renato Schifani, oggi presidente della Regione siciliana che, a prescindere dai disastri causati dalla pandemia, ha ereditato una Sicilia in ginocchio.
Certo, a Nello Musumeci non può attribuirsi la responsabilità esclusiva delle condizioni in cui verte la Sicilia ma se guardiamo ai fatti, numeri alla mano, non possiamo certo dire che abbia contribuito a far uscire la nostra Isola dalla situazione di sottosviluppo e di fragilità economica e produttiva in cui si trova.
Ed ecco che il passato ritorna e condiziona il presente e il futuro. Cambia il governo e la sensazione è che si stia ripartendo da zero. E che la strada sarà ancora per molto tutta in salita.
Con buona pace dei trionfalismi e della Sicilia “con le carte in regola”.
La telenovela del “non fare” si è di recente arricchita di due nuovi capitoli: uno riguarda il caso Cannes e l’altro la mancata spesa dei fondi nazionali ed europei. Ma procediamo con ordine.
Il caso Cannes
La vicenda dei fondi della Sicilia destinati alla Mostra di Cannes ha sollevato un vespaio di polemiche, ma Manlio Messina che si era occupato della vicenda al tempo in cui sedeva sulla poltrona dell’assessorato regionale al Turismo difende a spada tratta il provvedimento: “Alcuni giornalisti si divertono a fare illazioni – aveva detto al Quotidiano di Sicilia – il rischio vero è che i dirigenti responsabili con questo andazzo non firmeranno più alcuna iniziativa, perché se vengono attaccati anche quando firmano atti nel rispetto della legge, arriveranno a non firmare più nulla”.
Il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, aveva sin da subito preso le distanze e sull’affidamento a una società lussemburghese dell’evento ‘Sicily, Women and Cinema 2023’ al Festival del Cinema di Cannes precisando in una nota: “Ignoravo, ma oltre al sottoscritto, lo ignorava l’intera Giunta in cui discutiamo di tutto, l’adozione di questi provvedimenti, che fanno parte di una programmazione triennale anticipata l’anno scorso, inserita in logiche di triennalità che sono sfuggite alla sottoposizione alla Giunta, non dico per un proprio parere, visto che possono essere adottate in autonomia, ma almeno di una conoscenza. Su tanti punti abbiamo chiesto chiarimenti, ho chiesto all’assessore il fascicolo e le valutazioni per esaminare gli aspetti di questi fondi utilizzabili per la promozione turistica, ma ciò non significa che non avrei preferito avere un’informazione preventiva. Sono emersi elementi di criticità”.
Elementi di criticità che avevano spinto l’Esecutivo regionale a ritirare il provvedimento in autotutela.
La settimana scorsa è arrivata la doccia fredda: la seconda sezione del Tribunale amministrativo, con una sentenza depositata giovedì, ha respinto il ricorso della ‘Absolute Blue’ (la società con sede in Lussemburgo, affidataria della mostra al Festival di Cannes) contro il provvedimento adottato dall’amministrazione regionale, a seguito dell’accertamento disposto dal presidente della Regione Renato Schifani, con il quale sono stati annullati gli atti di affidamento diretto per la vicenda di “Casa Sicilia” a Cannes.
Per i giudici, la Absolute Blue non ha “dimostrato di essere titolare di diritti di esclusiva” e quindi la Regione “avrebbe dovuto vagliare l’esistenza di soluzioni alternative ragionevoli al fine di dimostrare che nel caso di specie, sarebbe stato necessario realizzare l’evento “Casa Sicilia” proprio in quell’hotel”.
I giudici amministrativi quindi hanno dichiarato la legittimità del provvedimento di autotutela adottato dall’assessorato al Turismo, perché l’aggiudicazione era avvenuta senza gara, in violazione del Codice degli appalti, e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese legali quantificate in duemila euro.
Il Movimento Cinquestelle ora si domanda chi risponderà del danno di immagine causato alla Sicilia. “La pronuncia del Tar mette nero su bianco le responsabilità, già peraltro evidentissime, del governo Musumeci sull’operazione – ha commentato il capogruppo del M5S all’Ars, Antonio De Luca – Chi risponderà ora del danno di immagine fatto alla Sicilia? Se lo dovrebbe chiedere in prima istanza Schifani, che si è limitato a mettere in piedi un abile gioco delle tre carte, con un discutibilissimo cambio di deleghe tra assessori, per chiudere la partita. Sarebbe stato doveroso invece, da parte dell’attuale presidente della Regione, chiedere conto e ragione dell’opacissima gestione della vicenda ai suoi alleati romani, di cui evidentemente continua ad essere succube, come, tra l’altro, dimostra l’indecente sì al ddl Calderoli sull’autonomia differenziata. Del sì del Tar allo stop al procedimento – conclude De Luca – comunque il governo non può certamente inorgoglirsi in alcun modo: se la vicenda Cannes non fosse finita sui giornali, infatti, tutto sarebbe proceduto senza senza alcun intoppo”.
Nell’edizione 2022 del Festival del Cinema francese si tenne la mostra fotografica da 3,7 milioni di euro “Sicily, Women and Cinema”, proposta con un finanziamento da 2 milioni e 243 mila euro e approvata dall’Assessorato Turismo Sport e Spettacolo retto allora da Manlio Messina. Sulla vicenda era intervenuta anche la deputata regionale del Pd Valentina Chinnici e a gennaio scorso ha chiesto al Parlamento regionale di svolgere fino in fondo verifiche e controlli sull’operato del governo, chiedendo al presidente della V Commissione di convocare l’assessore al Turismo Francesco Scarpinato per chiarire come vengono spesi i fondi destinati alla promozione turistica della Sicilia.
Fondi nazionali e Ue: “A rischio 1,5 miliardi”
Un miliardo di fondi statali già persi, altri cinquecento milioni di risorse europee che con tutta probabilità il 31 dicembre di quest’anno faranno la stessa fine. Sono i numeri, impietosi, che secondo il Movimento 5 stelle fotografano quella che è stata definita “la Caporetto siciliana, la più grande sconfitta in tema di finanziamenti destinati alla Sicilia che mai sia stata registrata nella storia dell’Isola”.
La denuncia è stata fatta ieri mattina nel corso di una conferenza stampa all’Ars dai parlamentari pentastellati, che hanno puntato i riflettori sugli ultimi finanziamenti statali Fsc, quelli cioè per lo Sviluppo e la coesione, e su quelli europei, i cosiddetti fondi Fesr.
“Abbiamo già perso – ha detto Sunseri – un miliardo di euro di fondi statali che dovevano consentire alla Sicilia di accorciare la forbice col resto del Paese. Si tratta di fondi Fsc previsti dalla politica di coesione 2014-2020 che tornano mestamente a Roma perché al 31 dicembre dello scorso anno non c’erano per queste somme impegni giuridicamente vincolanti. È difficile rendere bene l’idea della gravità della situazione, visto che con grande frequenza si parla di fondi persi o a rischio, ma è certo che si tratta di una montagna di soldi che non ha precedenti nella storia della Sicilia”.
Oltre al danno, secondo i rappresentanti del Movimento, c’è anche una beffa dietro l’angolo, poiché questi soldi che per legge dovrebbero essere vincolati al territorio rischiano di essere utilizzati altrove. “Attualmente – ha sottolineato Damante – non è dato di sapere come verranno utilizzate le somme non spese. È inaccettabile che all’interno del Dl Pnrr, ora all’esame della Commissione Bilancio del Senato, ci sia totale ambiguità sulla destinazione delle risorse non spese del Fondo sviluppo e coesione attinenti al ciclo di programmazione 2014-2020. Le normative europee, sul punto, parlano chiaro: queste risorse hanno un vincolo di destinazione dell’80% al Mezzogiorno e la loro mancata spesa, anche per colpa dell’incapacità di alcune amministrazioni territoriali, non può fornire il pretesto per eludere quel vincolo e destinare le risorse riprogrammate a chissà quale obiettivo. Il M5s presenterà al Senato emendamenti ad hoc per far sì che i fondi in questione, recuperati e riprogrammati, vadano comunque a quei territori per i quali nascono i relativi stanziamenti”.