ROMA – Sempre più donne e bambine rischiano di subire una Mutilazione Genitale Femminile (MGF) perché, negli ultimi tre anni, le scarse risorse sanitarie destinate alla prevenzione e al contrasto di questa pratica sono state dirottate sulla pandemia da Covid-19, con il risultato che oggi almeno un milione in più di bambine sono vittime di Mgf. Sarà questo uno dei temi al centro della Conferenza Internazionale in programma a Roma lunedì 6 febbraio dalle 8.30 alle 13.30 (anche in modalità online, http://dreamcom.it/mutilazioni), organizzata dall’Irccs San Gallicano, in collaborazione con Dreamcom, in occasione della Giornata mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, che ricorre ogni anno proprio il 6 febbraio.
L’incontro, che vedrà la partecipazione di numerosi esperti e studiosi, sarà l’occasione per discutere su quanto è stato fatto finora per salvaguardare la dignità e l’integrità psico-fisica delle donne vittime di infibulazione, indicando le azioni di politica sanitaria necessarie per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, tra i quali c’è proprio l’abolizione delle Mgf.
“Se ad oggi il numero delle Mgf è in continuo aumento, probabilmente dobbiamo chiederci se non ci siano stati errori nelle modalità di contrasto che abbiamo sino a oggi adottato e ripensare globalmente le strategie migliori per eradicare questa vergognosa pratica. Un mondo in cui le donne non sono libere, non è un mondo libero e giusto”, afferma il professor Aldo Morrone, Direttore scientifico dell’Istituto “San Gallicano” (Irccs) di Roma e promotore dell’evento. “Se le tendenze attuali dovessero continuare – continua Morrone – il numero di ragazze e donne sottoposte a Mgf aumenterebbe in modo significativo nel corso dei prossimi 10 anni. Quello che serve nella lotta alle mutilazioni genitali femminili sono finanziamenti, sensibilizzazione, consapevolezza dell’esistenza della pratica e la necessità di parlarne, ma soprattutto di operare con le comunità per trovare anche soluzioni pratiche. Rafforzare i sistemi socio-sanitari di tutela della salute delle donne, anche con il coinvolgimento delle operatrici delle Mgf, facendo abbandonare loro questa attività, per certi versi, il loro lavoro e riorientando la loro professionalità a favore della dignità e della salute delle donne e bambine”.
Sono oltre 250 milioni secondo le stime dell’Onu le donne che in tutto il mondo hanno subito una Mutilazione Genitale Femminile (Mgf), e sono oltre 4 milioni le bambine a rischio di essere mutilate ogni anno. Questa pratica è ancora attiva in oltre 30 Paesi tra Africa e Medio Oriente, ma il fenomeno interessa anche donne immigrate che vivono in Europa occidentale, Nord America, Australia e Nuova Zelanda. Oltre la metà delle ragazze che ha subìto una forma di Mgf non aveva compiuto ancora cinque anni di vita, mentre sarebbero almeno 44 milioni le bambine e adolescenti ad averle subite entro i 14 anni. In questa fascia di età, la prevalenza maggiore è stata riscontrata in Gambia, con il 56%, in Mauritania con il 54% e in Indonesia, dove circa la metà delle bambine fino a undici anni avrebbe subito una delle diverse forme di mutilazione. I Paesi con la più alta prevalenza tra le ragazze e le donne tra i 15 e i 49 anni sono Somalia (98%), Guinea (97%) e Djibouti (93%). Anziché diminuire con il tempo, queste pratiche sembrano diventare ancora più diffuse, anche a causa del fenomeno migratorio, con il risultato di essere oggi presenti anche in paesi dove prima erano sconosciute come nel caso degli Stati Uniti, dove il numero degli interventi è addirittura triplicato negli ultimi anni.
La Commissione europea stimava a febbraio 2022 che solo in 13 paesi europei almeno 180.000 bambine continuino a essere a rischio di mutilazione, mentre 600.000 donne convivono con le conseguenze delle Mgf in Europa. In Italia, una stima approssimativa delle donne che hanno subito una delle forme di Mgf nei loro Paesi di origine e che vivono in Italia, indicherebbe una cifra intorno a 88 mila donne di cui oltre 7 mila minorenni.
Le Mgf comportano un onere economico di 1,4 miliardi di dollari all’anno, che salirà a 2,1 miliardi di dollari all’anno entro il 2047. Attualmente questo costo rappresenta dal 9% al 30% dell’attuale spesa sanitaria pro capite nei 27 Paesi africani con la più alta incidenza di Mgf. L’abbandono completo ridurrebbe l’onere futuro a 0,8 miliardi di dollari all’anno entro il 2047.
Le Mgf non sono solo una violazione dei diritti umani e un problema sanitario, ma anche un notevole onere economico che può essere evitato attraverso efficaci strategie di prevenzione per giungere alla loro eliminazione definitiva.
Se questi numeri non accennano a diminuire la colpa è anche della pandemia di Covid-19 che ha bloccato i programmi mondiali messi in atto per combattere questa terribile violenza e ha tagliato i fondi pubblici destinati al suo contrasto. Il rischio di compromettere i progressi finora raggiunti è elevato, poiché le misure adottate per contrastare la diffusione del Covid hanno costretto all’isolamento molte ragazze vulnerabili, privandole di qualsiasi tipo di protezione. Allo stesso tempo, il lockdown ha aumentato i casi di Mgf praticati a domicilio, nell`impossibilità dei centri educativi di realizzare campagne di sensibilizzazione e controlli di routine.