I tassi dei mutui tornano ai livelli pre-crisi, il 2025 segna la stabilità dopo due anni di tempesta e i giovani tornano a richiedere mutui per l’acquisto (prevalentemente) della prima casa. Sono queste alcune delle statistiche che emergono dopo la decisione della Banca centrale europea di fermare i tassi al 2% per la terza volta consecutiva. E mentre l’inflazione rallenta e le banche riaprono il credito, nell’Isola si registra un +18% di richieste da parte dei giovani. La difficoltà resta però legata ancora a redditi bassi e accesso al mutuo tutt’altro che agevole. Ma procediamo con ordine.
L’Europa dei tassi stabili: la fine della tempesta
Per la terza volta consecutiva, la Banca Centrale Europea ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse mantenendo il 2% sui depositi, il 2,15% sui rifinanziamenti principali e il 2,40% su quelli marginali. Una pausa dopo otto tagli in un anno che segna la fine della fase emergenziale iniziata nel 2022, quando l’inflazione aveva superato il 10% e il costo del denaro era salito fino al 4,5%.
Oggi, invece, l’Eurozona vive un momento di equilibrio: inflazione al 2,1%, crescita moderata (+0,2% nel terzo trimestre), disoccupazione al minimo storico (6,3%). Il messaggio è chiaro: la BCE non ha intenzione di rialzare i tassi, ma neppure di tagliarli a breve. Per chi ha un mutuo, significa una tregua dopo due anni di incertezza. E per chi pensa di comprar casa, forse, il momento giusto per farlo.
Il ritorno alla normalità dei mutui: tassi ai minimi di periodo
Secondo il report Banca d’Italia sul credito alle famiglie, nel primo semestre 2025 il tasso medio sui nuovi mutui nell’area euro si è stabilizzato intorno al 3,3%, in linea con i livelli pre-crisi del 2019. Il mercato, dopo il picco del 2023 (quando molti mutuatari avevano visto le rate crescere anche del 50%), ha ritrovato calma. Gli indici di riferimento – Euribor per i variabili e IRS per i fissi – oscillano in un range minimo: l’IRS a 20 anni resta poco sotto il 2%; l’Euribor 3 mesi è stabile all’1,9%. Una condizione di “bonaccia finanziaria”, come la definiscono gli analisti, che riporta serenità per famiglie e banche. Le simulazioni dei portali specializzati mostrano che per un mutuo da 150.000 euro a 25 anni, la rata fissa media è di 740 euro, quella variabile 710: una differenza di appena 30 euro al mese.
Una distanza minima che spinge molti italiani a bloccare oggi un tasso fisso ai minimi del periodo, prima che eventuali rialzi dell’inflazione cambino la rotta.
La ripresa della domanda: boom tra gli under 35
La tregua dei tassi si riflette immediatamente nella domanda. Nel primo semestre 2025, secondo MutuiSupermarket e ABI, le richieste di mutui sono aumentate del 14% su base annua. Il dato più interessante riguarda i giovani under 35, protagonisti di un vero boom: +21% rispetto allo stesso periodo del 2024. Una ripresa sostenuta anche dagli incentivi pubblici ancora in vigore come il Fondo di Garanzia Prima Casa (che copre fino all’80% del capitale per chi ha meno di 36 anni) e le detrazioni fiscali sugli interessi passivi. Molti istituti, inoltre, offrono condizioni dedicate: tassi fissi tra il 2,4% e il 2,7%, variabili sotto il 2%.
Le surroghe tornano protagoniste
Dopo due anni di assenza, le surroghe – cioè la sostituzione di un mutuo con uno più vantaggioso – tornano a crescere: +28% nel semestre. Il fenomeno è alimentato da due fattori: la discesa degli IRS e la concorrenza bancaria. Molti mutuatari, soprattutto con contratti stipulati nel 2021-2022, stanno rinegoziando le condizioni per bloccare un tasso fisso più basso o convertire il variabile in un fisso. Secondo l’Associazione Bancaria Italiana, circa un mutuo su cinque nel 2025 sarà oggetto di surroga o rinegoziazione. La media nazionale del risparmio stimato? Circa 60 euro al mese per mutuo. Non una cifra enorme, ma sufficiente per spingere decine di migliaia di famiglie a rinegoziare il proprio debito. La Sicilia partecipa al boom nazionale delle surroghe. Nei primi sei mesi del 2025, oltre 5.600 famiglie hanno richiesto una sostituzione o rinegoziazione del mutuo, pari al +33% rispetto al 2024. Le province più attive sono Palermo e Catania, ma cresce anche Trapani, dove le surroghe rappresentano quasi un terzo dei nuovi contratti.
Sicilia, la nuova frontiera del credito casa
In questo contesto, la Sicilia si muove in controtendenza positiva. Secondo l’analisi elaborata da QuiFinanza sui dati Bankitalia e CRIF, nel 2025 le richieste di mutuo nell’Isola sono aumentate del 17,8% nei primi sei mesi dell’anno. Una crescita superiore alla media nazionale (14%) e trainata soprattutto dalle province di Palermo (+22%), Catania (+18%) e Messina (+15%). Gli under 35 rappresentano il 38% delle nuove richieste, grazie agli incentivi e a tassi più accessibili. Il valore medio del mutuo richiesto in Sicilia è di 118.000 euro, inferiore alla media nazionale (135.000), ma in crescita del 9% rispetto al 2024. Anche il mercato delle compravendite conferma il trend. Secondo i dati Agenzia delle Entrate – OMI, nel primo semestre 2025 in Sicilia sono state vendute circa 33.800 abitazioni, +12% rispetto al 2024.
La crescita maggiore si registra nei capoluoghi: Palermo (+14%), Catania (+13%) e Siracusa (+11%). Il prezzo medio al metro quadro resta competitivo: 1.310 euro/m², contro i 2.700 della media nazionale. Un vantaggio che rende l’Isola una delle regioni più accessibili d’Italia per chi acquista la prima casa. Gli acquirenti sono in gran parte residenti (oltre l’80%), ma cresce la quota di investitori del Nord e stranieri, soprattutto tedeschi e francesi, attratti dai prezzi bassi e dai bonus ristrutturazioni.
Le difficoltà: redditi bassi e fragilità sociale
Dietro la ripresa, però, si nascondono ombre strutturali. Il reddito medio dei richiedenti mutuo in Sicilia resta tra i più bassi d’Italia: 26.200 euro lordi annui, contro i 34.500 del Centro-Nord. Questo significa minore capacità di accesso al credito e più rischio di esclusione finanziaria. Molte domande di mutuo vengono ancora respinte o ridimensionate: il tasso di accettazione nell’Isola è del 68%, contro una media nazionale dell’82%. Le banche restano caute, soprattutto nei confronti dei lavoratori autonomi e dei precari, ancora numerosi nel tessuto economico siciliano. Secondo Banca d’Italia, il 22% delle famiglie siciliane vive in condizioni di “fragilità finanziaria” (redditi insufficienti a far fronte a un aumento di 150 euro mensili della rata). Un dato che evidenzia come la stabilità dei tassi, pur positiva, non basti a risolvere il divario strutturale del Mezzogiorno.
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