Quello che più mi preoccupa del presidente Draghi è la sua forte attrazione per il mondo americano
Quello che più mi preoccupa del presidente Draghi è la sua forte attrazione per il mondo americano, che è, come per molti di noi, un amore giovanile per un’America che non c’è più, e che difficilmente Biden riuscirà a far rinascere. Questo intenso amore per gli USA comporta anche un atlantismo bellicoso e superato dai tempi. L’Europa deve usare le sue forze di difesa come i suoi virus e lavorare per un mondo multipolare, unica speranza di pace. Draghi si è molto abbeverato al neoliberismo dei grandi banchieri americani e questo è un pericolo grave. Ma, in Italia, ha avuto anche, da giovane, un grande maestro come il Prof. Caffè.
Nelle mie preghiere serali io prego che Draghi conservi, nel suo sangue, qualche goccia degli insegnamenti del Prof. Caffè, come antidoto ai veleni del neoliberismo dei banchieri americani.
Il quarto ed ultimo pericolo è quello di chiedere al governo quello che questo governo e questo capo di governo non possono dare, invece di concentrarci su quello che noi, cittadini, dobbiamo fare. La sarabanda è già incominciata con manifestazioni grottesche, come quella di chiedere a un europeista di lunga lena, già governatore della Banca europea, salvatore dell’euro in uno dei momenti più drammatici per l’Italia e per l’Europa, un uomo chiamato al governo per disperazione, garante di un patto europeo che lancia un grande piano Marshall del quale l’Italia è importante beneficiario, chiedere a lui di dichiarare che l’euro è reversibile. I nanerottoli ignoranti sono ancora tra noi e sono ancora all’opera. Ma io voglio collegarmi a un intellettuale di sinistra serio, intelligente e per bene, come Marco Rovelli che ha formulato una sintesi assai efficace del nuovo governo, visto dal suo punto di vista (Manifesto 16 febbraio 2021): “La Banca sopra la Politica, il Nord sopra il Sud, i maschi sopra le donne. Questa appare, ridotta all’essenziale, la struttura architettonica del nuovo governo: una fotografia perfetta dello stato di cose esistente e delle sue inamovibili gerarchie”.
Il quadro, schematico e semplicistico sin che si vuole, di Marco Rovelli è oggettivamente corretto ma non può essere preso come base per avanzare critiche, pretese, rivendicazioni e inutili piagnistei senza spiegare perché e come e con chi si è giunti a questo punto. Una politica che non sa né governare, né esprimere una classe parlamentare e di governo decente, che non sa formare le alleanze necessarie per formare un governo, non ha diritto di piangere perché arrivano i banchieri. Deve solo ringraziare la Madonna che non siano arrivati i carri armati. E a chi diamo l’Oscar per la distruzione di ogni pensiero serio di sinistra, a Veltroni con la sua corsa dietro al blairismo o allo snobismo di un D’Alema o al buonismo di un Bersani con le sue patetiche lenzuolate o al distruttivismo e affarismo di Renzi?
Ed il sindacato, che è culturalmente un centinaio di anni in arretrato rispetto al sindacato tedesco, centra qualcosa in questa storia o no? E dato che Draghi, che è uno dei pochi politici italiani rispettabile, insieme a Mattarella, ed è apprezzato in tutto il mondo, sino a poco fa ha fatto il banchiere, dovevamo rifiutarlo e cambiarlo magari con Salvini o Renzi, due catastrofi viventi per il nostro Paese o con il bello guaglione Luigi Di Maio o con chi altro, o non dobbiamo piuttosto rallegrarci di avere un banchiere purtroppo neoliberista, ma per bene, mondialmente conosciuto e rispettato e che è stato anche allievo del Prof. Caffè che ha insegnato a tutti noi che si può essere liberali ma anche sociali e responsabili verso i ceti più deboli?