Natale in casa Cupiello - QdS

Natale in casa Cupiello

Pino Grimaldi

Natale in casa Cupiello

sabato 05 Dicembre 2020

Nel 1931 Edoardo De Filippo mette in scena una piece, poi ampliata in commedia, che diverrà il brand del grande Edoardo che fu anche senatore a vita (altri tempi). Era il “Natale in casa Cupiello”, famiglia povera attaccata alle tradizioni per la quale il presepe da fare in casa costituiva il pensiero di un intero anno: arricchire la rappresentazione della nascita di Gesù. Suo nemico il figlio, si direbbe moderno, con ben altre idee il quale dopo avere sempre risposto ogni anno alla domanda del padre “ti piace u presepe” un secco “no” alla fine, a padre morente, non ha il coraggio di dire ciò che pensa e finisce col dirgli “si” lasciandolo felice a morire con in mente ciò che troverà in cielo.

Bene, oggi tutta l’Italia vive una atmosfera da “casa Cupiello” per la pandemia che induce in tutti paura, ansia, angoscia.
Soli in casa a meditare sul nostro possibile trapasso e sulla impossibilità, temuta, di non poter più avere un presepe a gioia nostra e gloria di Chi viene.

E ci sentiamo tutti “Edoardo” con poche parole, gestualità sobria ed una espressione di tristezza che solo le conferenze stampa del primo ministro, dopo averci irritato, ci inducono, per il senso del ridicolo tragico che sprigionano, ad una risata.

Numero di morti in aumento: scontato visto il disordine, l’incapacità, la provvisorietà e contraddittorietà dei vari provvedimenti pur con centinaia di “esperti” che lavorano con il Giuseppi nazionale; mancanza di coraggio nell’assumere provvedimenti drastici, da nessuno voluti ma inevitabili per il bene comune, autoreferenzialità con provvedimenti 24/24 con inversione ad U anche nel giro di ore (sempre notturne!) con tutto ed il suo contrario per gestire un fatto ovviamente epocale ma non nuovo e presentatosi diecine di volte.

Tentativi infantili di tener su il morale del paese con bugie, semibugie, artefatti mentali; vigliaccheria nel non prendere il toro per le corna od il virus per le sue spike, fermo restando che le pandemie hanno il loro corso e storia insegna essere sempre lo stesso, nuove biotecnologie o meno.
L’attuale, la “cinese”, si sta comportando come la “spagnola” di un secolo fa; e quando – in un paio di anni – ci abbandonerà avrà fatto lo stesso numero di vittime nonostante tutto ciò che la scienza oggi offre.

Certo, il dilemma è sempre stato cornuto: morire per la viremia o di fame per crollo della economia.
Sempre risolto privilegiando la vita umana e sempre pagato un altissimo prezzo e di vite umane ed enormi difficoltà economiche.

La peste “Antonina” del 165-180 d.C. fece fuori il 35% degli abitanti di Roma e dell’Impero. Questa attuale si avvia a dare nel giro dei prossimi due anni lo stesso numero di vittime di un secolo fa, quando in Italia eravamo solo 35 milioni di abitanti. Sarebbe bene che il governo avesse il coraggio di chiudere tutto e cercare di salvare il salvabile: a mali estremi, estremi rimedi!

E, forse, potremmo alla fine, se pur contrariati, dire che: il “presepe” approntatoci ci piace.
E non solo a noi.

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