L’Unione europea, con molto coraggio, ha deciso che dal 2035 le industrie delle auto non potranno più costruirne col motore endotermico, ma dovranno avere trazione elettrica. L’Ue, inoltre, ha stabilito che dal 2050 le auto a benzina, diesel e gas non potranno più circolare.
La Comunità europea dovrebbe quindi investire enormi risorse e trasformare in circa dieci anni tutte le fabbriche che producono auto a costi di manodopera e di componenti ridotti, cosicché i prodotti finiti avrebbero dei prezzi finali in linea con quelli dei due grandi produttori di auto elettriche a livello mondiale e cioè la Tesla negli Stati Uniti e la Byd in Cina.
Ora, le industrie europee non hanno risorse sufficienti per fare questi enormi investimenti ed inoltre dieci anni sono un tempo breve per questa trasformazione epocale. Sarebbe necessario che molte risorse venissero destinate dall’Europa a questa transizione piuttosto che ad altre attività, al fine di rendere il Vecchio Continente competitivo nel settore automobilistico e precursore della transizione ecologica.
Se così non facesse, le sue industrie non sarebbero competitive e di fatto consegnerebbero tutto il mercato continentale ai produttori cinesi e statunitensi. Ulteriore conseguenza sarebbe la perdita di lavoro di milioni di cittadini/e europei/e per la chiusura delle fabbriche non più competitive.
Lo scenario sembra apocalittico, ma non lo è perché vi sono soluzioni: basta decidere in quali settori investire le risorse, che ci sono.
Probabilmente la scadenza del 2035 dovrà essere posticipata per dare il tempo alle industrie europee di trasformarsi. Ma il tempo è poco, perché i cambiamenti climatici si fanno sempre più presenti.
Oltre all’analisi della produzione di cui vi abbiamo scritto, vi è una seconda questione strutturale che impedisce l’osservanza della scadenza citata e riguarda le infrastrutture delle colonnine, le quali dovrebbero sostituirsi non solo nelle aree di servizio dei carburanti, ma essere attivate in tutti i condomini e negli spazi pubblici, in modo da consentire le ricariche a chi ne abbia bisogno. Però questi piani non sono ancora stati presi in esame dai Comuni, dalle Regioni e dallo Stato, nonostante siano fondamentali.
La velleità dell’Unione europea di essere avanti nella lotta contro le emissioni di gas a effetto serra e nelle conseguenti applicazioni di regole innovative, deve fare i conti con l’economia e soprattutto con l’occupazione. Il che non è avvenuto. Si tratta di una mancanza di previdenza relativamente al problema ambientale, che c’è e che necessita provvedimenti drastici concreti, non solo scritti sulla carta come quelli dell’Accordo di Parigi del 2015.
Vi è un’altra questione che vogliamo sottoporre alla vostra cortese attenzione e cioè che per fare investimenti, appunto, enormi, servono risorse finanziarie altrettanto enormi, le quali sono conseguenza della crescita economica e dell’aumento della ricchezza dei ventisette Paesi.
Dobbiamo constatare, purtroppo, che in questo ultimo decennio l’Unione europea è cresciuta poco, addirittura quest’anno al di sotto dell’uno per cento del Pil. Detto ciò, nessuna crescita è possibile su un Pianeta morto, quindi è necessario conciliare le due sfere: economica ed ecologica, oltre che sociale.
Quando si stabiliscono date bisognerebbe stare con i piedi a terra ed avere la consapevolezza di poterle rispettare. Diversamente si resta al livello di intenzioni, che ingannano chi ascolta e amareggiano chi le ha formulate.
È il ragionamento analogo all’energia nucleare, di cui tutti i Paesi hanno bisogno ed in particolare quelli dell’Ue, all’interno della quale la sola Francia se ne è significativamente dotata. Per cui in quella nazione l’energia costa mediamente la metà rispetto agli altri Paesi ad economica avanzata, come Germania e Italia, un vantaggio enorme che le consente di avere uno spread intorno a settanta punti, mentre quello dell’Italia oscilla dai centoventi ai centocinquanta.
Rispetto a quanto scritto sopra, riteniamo che la Commissione – che vede per la seconda volta la presidenza di Ursula von der Leyen – dovrà procrastinare quella fatidica data a quando tutti i parametri prima elencati saranno realizzati.

