Nel cuore della Brixia fidelis - QdS

Nel cuore della Brixia fidelis

Marco Vitale

Nel cuore della Brixia fidelis

mercoledì 28 Agosto 2024

Esiste un’identità personale legata alla cultura della città o paese dove si è nati?

Lucia e gli altri due “pellegrini” forzati (Renzo e Agnese) amavano il loro paese, le loro casette e le loro montagne. L’Addio ai monti di Lucia, accompagnato dalle sue lacrime silenziose e pudiche è una delle pagine più profonde e commoventi della letteratura italiana. Ma quando, al termine di tutte le traversie, Renzo ritrova Agnese, a Pasturo, indenne dalla peste e le porta la buona novella di Lucia guarita e liberata dal suo voto da Padre Cristofaro, l’esito dell’incontro non lascia dubbi: “La conclusione fu che s’andrebbe a mettere su casa tutti insieme in quel paese del bergamasco dove Renzo aveva già un buon avviamento”. E anche quando Lucia si riunisce a loro non c’è in nessuno il minimo dubbio su questa scelta verso “il paese adottivo” e senza nostalgie per “il paese natio” ed il sopravvissuto Don Abbondio dirà: “codesti giovani, e qui la nostra Agnese, hanno già intenzione di spatriarsi (e io non saprei cosa dire: la patria è dove si sta bene)”. Manzoni proprio nell’Addio ai monti sottolinea la differenza tra chi è obbligato da “una forza perversa” a lasciare il borgo natio (come erano Renzo, Agnese e Lucia al momento della fuga) e chi parte volontariamente, spinto dalla speranza di fare altrove fortuna (come sono Renzo e Lucia dopo il matrimonio quando partono verso “la nuova patria”, carichi di speranze che, pur con qualche difficoltà, troveranno felice realizzazione).

Ma molti di noi si trasferiscono in un’altra città o Nazione per libera scelta, alla ricerca di qualcosa che non sempre è chiaro a noi stessi. È in questi casi che si pongono delle domande sulla nostra identità: ma qual è allora la mia città, quella nativa o quella dove ho sviluppato i miei studi o dove ho svolto la mia attività? Quella dove sono nato io o quella dove sono nati i nostri figli, dove ho messo famiglia? E quanto conta il luogo e la cultura del luogo dove sono nati e cresciuti i miei genitori, e dove è nata e cresciuta mia moglie, la madre dei miei figli? Esiste un’identità personale legata alla cultura della città o paese dove sono nato e cresciuto? O è più corretto parlare di una pluralità di identità e di culture, che possono convivere nella stessa persona ed anche mutare nel tempo? Io, padre napoletano, madre camuna, moglie toscana, nato a Brescia, liceo a Brescia, Università al Collegio Ghislieri di Pavia, borsa di studio in Germania e negli USA, primo lavoro breve a Roma, secondo lavoro stabile a Milano, da oltre 50 anni, dimora sia a Milano che a Brescia, mi trovo in una situazione di questo tipo, del resto come tanti altri italiani che conosco, esuli volontari dalla città natia.

Mio padre, napoletano, uno dei primi laureati alla, allora nuova, facoltà di economia e commercio della Cà Foscari, subito dopo la laurea si trasferì a Brescia, dove un ramo della famiglia Vitale si era insediato sin dalla fine dell’ ’800 e qui si sposò ed ebbe tre figli. Fu bene accolto dalla città di elezione ed ebbe un buon successo professionale. Collaborò anche a parecchie attività culturali e sociali cittadine, ma non amò mai Brescia e la sua cultura. Non l’ho mai sentito pronunciare una parola in dialetto bresciano. Ci trasmise, invece, una forte cultura napoletana: canzoni, poesie, teatro, cucina, tutto era soprattutto napoletano a casa nostra, sicché ho ereditato una notevole biblioteca e discoteca di classici napoletani, che ho di recente donato a un centro sociale di Napoli.

Continua…

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