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Nella Pa non esiste la sana competizione

Produttività e merito

È noto che più circola il denaro e più cresce l’economia. In altri termini, la ruota economica dovrebbe avere sempre maggiore velocità di rotazione se non vi fossero ostacoli e difficoltà, che sono alle volte artificiali e messi nel percorso a bella posta.
Da chi? Dalla burocrazia italiana, centrale e locale.
Lo ripetiamo noiosamente da decenni, ed ora finalmente troviamo rimbalzi in alcuni parti politiche, nell’intellighenzia, anche universitaria, nonché nell’imprenditoria e nel ceto impiegatizio della stessa.
Restano, invece, sordi all’appello – che silenziosamente sale dal popolo e che noi riportiamo, purtroppo non in folta compagnia di altri quotidiani – parte del ceto politico e istituzionale e soprattutto parte del sindacato.
Quest’ultimo, che rappresenta sia il settore pubblico che quello privato, non fa nulla affinché i due settori siano in competizione. Protegge in modo sfacciato il primo e si disinteressa del secondo. Cosicché, dipendenti e dirigenti pubblici sono ultraprotetti, mentre quelli privati sono ultraemarginati.

Un sindacato obiettivo dovrebbe trasferire nel ceto impiegatizio pubblico quei criteri che sono sempre presenti in quello privato: la competizione per fare sempre meglio, la produttività conseguente, il merito ed il valore della responsabilità nell’eseguire il proprio dovere. Ma questa azione equilibratrice non esiste, cosicché la rappresentanza sindacale mescola figli e figliastri, cioé i bravi dipendenti con quelli menefreghisti.
Tuttavia, va evidenziato che fra dirigenti e dipendenti pubblici ve n’è una quantità minoritaria, ma non indifferente, fatta di persone per bene, oneste e capaci, che di fatto reggono tutto l’impianto pubblico. Ma queste persone non occupano, di solito, posti di responsabilità, perché la quantità di gente che non vuol lavorare è notevole, con la conseguenza che diventa quasi impossibile inserirla nella via della giusta equità e dell’onestà.
La Guardia di finanza e le Procure fanno un ottimo lavoro per scoprire continuamente la corruzione che c’è nel settore pubblico, imputando agli imprenditori la funzione di chi corrompe: è vero, ma non esiste il corruttore senza il corrotto.
Il peso della Pubblica amministrazione nella vita economica del Paese è molto più elevato nel Mezzogiorno, perché in quel territorio è carente l’apparato produttivo ed il sistema delle imprese private, con la conseguenza che è di gran lunga inferiore la produzione di valore, di ricchezza (soggetta ad imposte) e di occupazione.
Nel Sud, vi è anche un’altra grande carenza: la modesta capacità di migliorare la formazione dei cittadini, nonché la carenza di voglia di fare e di migliorarsi, per aumentare la propria capacità e le relative performances.
Anche questo diminuisce fortemente la competitività del Sistema -Paese dove, appunto, ha un peso rilevante la Pubblica amministrazione che non funziona. Non è un caso che le regioni del Nord utilizzino quasi per intero i fondi europei, mentre quelle del Sud non hanno la stessa capacità.
La conseguenza di quanto precede è che il divario fra Settentrione e Meridione aumenta continuamente e così anche lo stato sociale dei cittadini.

Ulteriore fatto negativo riguarda l’esodo dei meridionali verso il Nord, che si intasa sempre di più, facendo aumentare la densità di abitanti per chilometro quadrato, con il conseguente svuotamento di intere cittadine delle otto regioni del Sud.
Aumento di popolazione nel Nord e spopolamento nel Sud creano ulteriori squilibri nel Paese, di cui si sono disinteressati i governi dal dopoguerra ad oggi e soprattutto quelli degli ultimi ventisei anni, cioé dal 1994 in poi.
Nel Nord si è diffusa la mentalità che il Sud sia una palla al piede, mentre le persone più illuminate sanno benissimo che esso è un’opportunità, perché, come è noto, investimenti nelle aree depresse hanno un coefficiente moltiplicatore molto superiore a quello nelle aree sviluppate.
Per rimettere in equilibrio l’Italia, occorrerebbero persone di alto profilo a dirigerla, mentre oggi vi sono solamente mediocri che balbettano monologhi ripetitivi senza alcuna cognizione di causa.