L’abbiamo scritto fino alla nausea: il nostro Paese non cresce economicamente (il Pil 2025 è pronosticato a zero) per l’aggressione delle corporazioni al sistema economico e sociale, con la conseguenza di generare una sorta di asfissia dell’economia perché manca quell’elemento fondamentale di un sistema economico libero che è la concorrenza.
Dunque, mancanza di ossigeno perché manca la concorrenza, cui si aggiunge l’altro gravissimo problema che si può sintetizzare nella disfunzione della Pubblica amministrazione a tutti i livelli.
Se i 3,2 milioni di dipendenti pubblici non producono i servizi necessari a cittadini e imprese, vi è una responsabilità di coloro che li gestiscono, vale a dire i responsabili delle istituzioni.
Fra questi ultimi e i responsabili della Pubblica amministrazione vi è un comune denominatore: il difetto di competenze.
Perché mancano le competenze, sia sul versante politico che in quello amministrativo?
La spiegazione è elementare: in Parlamento non vanno cittadini competenti, ma semplicemente persone che sanno leggere e scrivere (questa è la disposizione). Ora, è impensabile in qualunque democrazia che ai e alle parlamentari non siano richieste competenze di vario genere, visto il ruolo fondamentale che ricoprono. La loro crassa ignoranza (nel senso che ignorano) porta a formulare leggi pessime, illeggibili, ingiuste e difficilmente applicabili.
Vi è un’altra questione non meno grave e cioè che codesti parlamentari nominano in posti di responsabilità delle società pubbliche, dei dipartimenti, dei gabinetti e in altri luoghi, persone senza competenze, che hanno però il passaporto della raccomandazione perché sono vicini a questa o a quella persona di potere.
Nel nostro Paese si è generato un meccanismo perverso, secondo il quale nei vertici politici ed amministrativi, in genere, non si trovano persone che hanno la capacità di sapere quello che si deve fare, oggettivamente e senza favoritismi, bensì soggetti che obbediscono e che per conseguenza non “disturbano il manovratore”.
Intendiamoci, non è nostro costume generalizzare perché sia fra i parlamentari che fra i dirigenti di diverso livello di tutte le Pubbliche amministrazioni vi sono cittadine e cittadini valorosi, bravi, capaci, che funzionano molto bene. Ma, vedi caso, essi sono accantonati e messi in secondo piano, proprio perché i capaci non sono anche obbedienti.
I capaci sono dotati di una grande forza morale, che deriva dalla visione oggettiva di fatti, circostanze e difficoltà. Quest’ultima dev’essere affrontata in modo oggettivo, ma l’oggettività è contraria alla raccomandazione e alla cultura del favore; ecco perché questi valorosi cittadini non sempre riescono a trovarsi ai vertici istituzionali e a quelli di diverso livello di tipo amministrativo.
Quella che descriviamo è storia vecchia, che è stata presente nei secoli e che continuerà a esserci in quanto è connaturata alle persone umane. Tuttavia, nei secoli vi sono stati collettivi e anche personalità di grande rilievo che sono riusciti a combattere la disfunzione della Comunità.
Nessuno si lamenti se continuiamo a battere e ribattere sulla qualità indispensabile dei responsabili istituzionali e amministrativi del Paese. Solo persone di qualità dimostrano, col merito, quello che sanno fare e producono adeguati risultati, conseguenti a cronoprogrammi precisi e puntuali. Ma nel settore pubblico, istituzionale e amministrativo, il merito è una qualità sconosciuta o comunque indicata alla fine di qualunque percorso.
È mutabile la situazione che descriviamo? In queste condizioni non lo è, perché nessuna persona scadente intellettualmente si avvale di collaboratori e collaboratrici migliori: è una regola umana, pessima, ma vera.
Per cui, i migliori non vengono chiamati ai posti di responsabilità, con l’ulteriore conseguenza che tutte le scelte fatte per risolvere i problemi quotidiani sono di scarsa qualità, perché o non li risolvono o li procrastinano.
Vi sembra drammatico il quadro dinanzi descritto? Non sappiamo. Però ci auguriamo si concordi che rappresenta la realtà.

