Non è una Regione per giovani: ecco la Sicilia dei pensionati - QdS

Non è una Regione per giovani: ecco la Sicilia dei pensionati

Non è una Regione per giovani: ecco la Sicilia dei pensionati

mercoledì 01 Marzo 2023

Più gente “a riposo” che al lavoro. Pessimi i dati di Messina e Palermo. All'Ars, aumenta il costo per i vitalizi degli “ex”, mentre alla Regione sale la spesa per gli assegni.

Salgono le pensioni dei regionali. Aumentano i vitalizi dei deputati. Sono sempre di più i siciliani “a riposo”, rispetto a chi oggi studia o lavora. E sempre di più i giovani siciliani con la valigia, convinti che solo fuori dall’Isola si può trovare fortuna e successo professionale. E così, cade nel vuoto l’auspicio di pochi giorni fa di Ursula Von de Leyen: “La Sicilia può essere un Paese per giovani”. Al momento no, non lo è. La Sicilia non è una Regione per giovani.

I vitalizi

Il costo delle pensioni siciliane ormai supera abbondantemente il valore degli stipendi. Una anomalia allarmante, che trova riscontro in quello che succede all’Assemblea regionale siciliana, specchio della società isolana: secondo quanto riportato in un articolo di Repubblica Palermo, con l’aumento Istat, i vitalizi degli ex parlamentari, 143 nel 2023, costeranno alle casse regionali 666 mila euro al mese contro i 615 mila dello scorso anno. In media il vitalizio per ciascun parlamentare è pari a 4.657 euro.

Sono aumentate le spese anche per i vitalizi di reversibilità, che al contrario sono diminuiti da 108 a 104. La spesa mensile sale a 450 mila euro, contro i 443 mila dello scorso anno. Le pensioni pro-rata (altra tipologia di pensione differente dai vitalizi ma spettante comunque agli ex parlamentari) costano oltre 278 mila euro al mese, e per la reversibilità di questa categoria ci vogliono altri 18 mila euro. Mentre le pensioni con il sistema contributivo costano poco più di 15 mila euro al mese.

I pensionati dei Palazzi

Gli ex deputati nel 2023 costeranno 17 milioni e mezzo, mentre gli ex dipendenti dell’Ars sfiorano i 49 milioni. I deputati in carica invece per lo stesso periodo pesano per 11,5 milioni, i dipendenti in servizio 27 milioni. Una situazione che sfiora l’insostenibilità, che però rappresenta uno spaccato della Sicilia tutta. E non va meglio nell’altro palazzo del potere, quello della Regione. Guardando il dato complessivo relativo alla spesa per i pensionati, la cifra che nel 2022 era stata fissata a 658 milioni di euro, nel 2023 sale a ben 721 milioni, dunque parliamo di oltre 63 milioni in più. Anche questo per effetto dell’inflazione e dunque è necessario procedere al calcolo della perequazione delle pensioni.

Più pensionati che lavoratori

Lo dicono i dati dell’Istat e dell’Inps, elaborati dall’ufficio studio della Cgia: in Sicilia il saldo in negativo tra pensionati e lavoratori è di 340 mila unità. Ciò significa che ci sono 340 mila pensionati in più rispetto che al numero degli occupati. Se si guarda alle città, l’unica luce è Ragusa (i lavoratori sono 8mila in più dei pensionati), mentre le situazioni più squilibrate riguardano Messina, in cui i pensionati “di troppo” sono 86 mila, insieme a Palermo, che si ferma ad un saldo negativo di 80 mila unità. Un’anomalia che trova anche nei palazzi istituzionali una sua conferma, con il costo delle pensioni degli ex deputati che supera di gran lunga quelle di chi è in carica. Mentre quest’anno subisce un’impennata pesantissima anche il costo in generale delle pensioni degli ex dipendenti regionali. La Sicilia non è un posto per giovani.

Le altre Regioni

A livello nazionale tutte le regioni del Mezzogiorno presentano un numero di occupati inferiore al numero degli assegni pensionistici erogati. Ma in Sicilia si registra il dato peggiore. Alle spalle dell’Isola, le situazioni più “squilibrate” si verificano in Campania (saldo pari a -226 mila), Calabria (-234 mila), e Puglia (-276 mila). Sempre al Sud le altre città che presentano i maggiori “squilibri”: Reggio Calabria (-86 mila), Lecce (-104 mila) e Napoli (-137 mila).

Nel Centro-Nord, invece, solo Marche (-36 mila), Umbria (- 47 mila) e Liguria (-71 mila) presentano una situazione di criticità.

La forte denatalità

A livello nazionale il trend è lo stesso, sebbene in termini molto più modesti: anche se di sole 205 mila unità, al primo gennaio 2022, il numero delle pensioni erogate agli italiani (pari a 22 milioni e 759 mila assegni) ha superato la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi (22 milioni 554 mila addetti). In linea di massima, secondo la Cgia, le ragioni di questo divario tra lavoratori e numero di pensioni vanno ricercate nella forte denatalità che, da almeno 30 anni, sta caratterizzando l’intera penisola. Il calo demografico, infatti, ha concorso a ridurre la popolazione in età lavorativa e ad aumentare l’incidenza degli over 65 sulla popolazione complessiva. “Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici – si legge nel comunicato della Cgia -, in particolar modo a causa dell’aumento della spesa pensionistica, di quella farmaceutica e di quella legata alle attività di cura/assistenza alla persona”. Inoltre, con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione più giovane, una società costituita prevalentemente da anziani rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo.

La svolta secondo la presidente della commissione Ue

Una svolta in Sicilia potrebbe arrivare grazie agli investimenti e alle riforme previste dal Pnrr, secondo la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che ne ha parlato lo scorso 24 febbraio alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Università degli Studi di Palermo. “Oggi – ha detto – un giovane su tre non lavora né studia e, tra le donne, meno di una su tre ha un impiego. E chiaro che le cose devono cambiare. Ecco perché – continua – abbiamo chiamato il nostro piano per la ripresa ‘NextGenerationEu’: perché vogliamo un’Europa pronta per la prossima generazione. Vogliamo offrire opportunità e nuovi posti di lavoro sostenibili in tutta l’Unione. L’Italia è il principale beneficiario di questo enorme programma di investimenti, che secondo la Banca d’Italia creerà 375mila nuovi posti di lavoro nel vostro paese. Almeno il 40% del piano dell’Italia è destinato al Meridione”.

L’opportunità all’università di Palermo

Una ottima occasione si presenterà proprio all’università di Palermo, a cui l’Unione europea finanzierà 240 nuovi posti per ricercatori e dottorandi, nella speranza di fermare in qualche modo l’emorragia di giovani preparati e competenti che lasciano il territorio per trovare fortuna altrove. “NextGenerationEu – ha detto sempre la presidente nella sua visita Palermitana – sta investendo anche in un nuovo stabilimento di produzione di chip nei pressi di Catania, il primo del suo genere in Europa. Oltre a produrre processori che attualmente siamo costretti a importare da lontano, creerà anche 700 posti di lavoro altamente qualificati”. Per poi chiudere con quell’auspicio: “La Sicilia può diventare un posto per giovani”. Ma al momento, questo è certo, non lo è.

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