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Non è lasciare la vita, ma come si lascia

Non è lasciare la vita, ma come si lascia

L’appuntamento con la morte è ineluttabile. Secondo alcuni, nel momento in cui respiriamo per la prima volta è già segnata la data in cui respireremo l’ultima.
Non vi sembri che questo sia un editoriale triste perché bisogna essere consapevoli della realtà, vale a dire che ognuno di noi ha a disposizione un lasso di tempo, non si sa quanto lungo e non si sa per quale motivazione esso si concluda.
Molti pensano alla fatalità, al Caso e ad altre circostanze incontrollabili, secondo le quali noi cessiamo di vivere. La verità è che, secondo noi, tutto è scritto, con la conseguenza che possiamo fare il possibile, per quanto la nostra umile e piccola capacità possa intervenire su questioni così importanti.
In questo quadro si inseriscono le religioni, che comunicano al colto e all’inclita tutta una serie di questioni e di prescrizioni derivanti – secondo esse – dal supremo Architetto, che – secondo noi – esiste.

Molti lo credono per fede, noi lo crediamo per logica – l’abbiamo scritto più volte – perché i meccanismi della Natura sono talmente precisi e combacianti che non potrebbero essere casuali.
È in questo quadro che noi viviamo, ma non molti hanno la consapevolezza che il tempo è comunque limitato.
Poi vi sono persone più sfortunate che ne hanno a disposizione poco e altre che ne hanno a disposizione molto, magari oltre i cento anni.
Durante il periodo della vita il corpo si consuma, lo scheletro più di ogni altro; anche il cuore, che pompa ininterrottamente per tutte le ventiquattro ore, sin dal momento della nascita fino a quello della morte.
Bisogna avere consapevolezza di tutto ciò e soprattutto della limitatezza del tempo, perché così ci rendiamo conto che lo dobbiamo impiegare al meglio possibile, con qualità e forza di volontà.
Solo comportandoci in questo modo e sapendo che comunque dobbiamo lasciare questo mondo terreno per passare – sempre secondo noi – a quello spirituale, possiamo capire quale sia la modalità per abbandonarlo senza recriminazioni.
Perché ciò accada è necessario sapere, sapere e sapere, conoscere, conoscere e conoscere, apprendere, apprendere e apprendere. Solo così ci rendiamo conto della nostra pochezza e solo così comprendiamo la stupidità di quelli che si sentono “elevati”, come se fossero gonfiati all’incirca come un pallone pressostatico.
Quanto precede ci deve indurre, dunque, ad agire con qualità e a fare attività che siano qualificate e che diano anche aiuto e soccorso a chi ne ha bisogno.

Quando si ha la consapevolezza che qualunque bene terreno va lasciato, si capisce meglio che di esso se ne può fare a meno, pur non disdegnando alcune comodità perché non è vero che siamo nati solo per soffrire.
Siamo nati, invece, per dare il meglio di noi agli altri, operando con sagacia, intelligenza, cuore e capacità e contribuendo al benessere della collettività in cui viviamo.
A che serve essere ricchi come Paperone? Tanto non possiamo neanche tuffarci in mezzo alle monete d’oro.

La tirchieria, l’avarizia, l’egoismo, la voglia di tenere tutto per sé, sono frutto di estrema ignoranza e di stupidità, oltre che di incapacità di vedere come sono effettivamente le cose che funzionano in questo mondo e che ci dovrebbero indurre a essere moderati, saggi e di buon senso.
Ma non sempre riusciamo a comportarci in questo modo perché la natura umana ha anche una componente cattiva, per cui vi sono delinquenti, assassini, persone che esercitano il potere in modo becero e che danneggiano gli altri senza alcuno scrupolo.
Quando arriveranno alla fine del percorso forse si accorgeranno di avere sbagliato e si pentiranno dei loro comportamenti insani, perché non è mai troppo tardi.

La vita è una cosa seria, è una e una sola, va affrontata e utilizzata nel miglior modo possibile, con consapevolezza e con la forza intellettuale di capire come vanno le cose.
Chi non capisce è tonto o cattivo o non vuol capire: mal gliene incolga.