“Chiedere le dimissioni mentre un governo sta lavorando, mi chiedo …”. Da qui l’affondo all’opposizione che non ha una proposta alternativa secondo Renato Schifani che ricorda all’opposizione – e quindi, o soprattutto alla maggioranza – che chi vuole sfiduciare il governo è contro il ponte sullo Stretto e contro i termovalorizzatori”. Chiuso. Chiama dei deputati nominale, voto palese, risultato scontato: 26 si, 41 no. Sfiducia respinta. La maggioranza dei 67 deputati presenti a Sala d’Ercole ha confermato la fiducia a Renato Schifani.
Pomeriggio di fuoco a Palazzo dei Normanni
Relatore della mozione di sfiducia è stato il capogruppo dei Cinque stelle Antonio De Luca, che fatta la premessa sul prossimo dibattito in aula dedicato al presidente dell’Ars Gaetano Galvagno che “delegittima quest’Aula” ha subito sottolineato che è stato centrato già uno degli obiettivi: costringere il presidente della Regione Siciliana a presentarsi a Sala d’Ercole.
Lunga discussione, quella per la mozione di sfiducia a Renato Schifani. Ai principali partiti di opposizione, Pd e M5S, sono stati assegnati 77 minuti per ciascun gruppo; 21 minuti per il gruppo Sud chiama Nord; 7 minuti per Controcorrente, il cui esponente unico all’Ars è al gruppo Misto. Antonio De Luca ha esposto ogni critica all’operato del governo Schifani, fotografando lo stato delle cose in Sicilia, senza dimenticare i motivi di critica più pungente anche se non considerati tra i motivi depositati all’Ars per la mozione di sfiducia.
“Voi avete fondato il vostro elettorato sul clientelismo”, accusa il capogruppo del Movimento dopo aver ricordato la promessa fatta in campagna elettorale da Schifani sul metodo di cui si era dichiarato nemico. Ineludibile la richiesta di chiarimenti sul doppiopesismo tra gli assessori della Democrazia Cristiana – non indagati – cui sono state ritirate le deleghe a differenza degli altri ancora pienamente in carica o con rinnovata fiducia dopo l’interdittiva, come nel caso del vicepresidente della Regione Luca Sammartino. “In nome di Dio andatevene”, ha concluso Antonio De Luca citando Oliver Cromwell quando nel 1653 sciolse un Parlamento inglese corrotto, inconcludente e aggrappato ai propri privilegi.
Michele Catanzaro, capogruppo del Partito Democratico all’Ars, esordisce nel suo intervento affermando che sta parlando “ad un governo che non c’é più, perché si regge su una maggioranza in conflitto al suo interno” ed anche “perché ha fallito anche dal punto di vista della credibilità pubblica”. Parla di una paralisi che non conosce sbocchi, Catanzaro, perché “ancora oggi non sono state spezzate le catene del clientelismo”. Il leader di Controcorrente attacca subito Schifani con la sua consueta dialettica, ciamandolo “Re Schifani” e dicendo che si era guadagnato il nomignolo di “Totò Schifani” perché “commissariato dalla Democrazia Cristiana”.
La Vardera all’attacco: “Maggioranza Schifani ha record d’indagati”
Corre La Vardera, come prima Catanzaro e De Luca prima ancora. Di temi da affrontare ce ne sono parecchi, di minuti pochi. La mozione di sfiducia, tra l’altro, di argomenti ne ha parecchi e la maggior parte arrivano dalle cronache di giudiziaria e si aggiornano quotidianamente. “La sua maggioranza detiene il record di indagati”, dice La Vardera a Schifani.
Dalle accuse urlate di una appassionata Lidia Adorno del Movimento alla constatazione di “debolezza politica” di Renato Schifani secondo Antonello Cracolici del Pd, che sostiene quindi il motivo per cui il presidente della Regione è “inadeguato”, le ore trascorrono a Sala d’Ercole con Schifani seduto ad ascoltare ogni singolo intervento. Talvolta tra il brusio dell’Aula ed altre nell’assoluto silenzio dei deputati.
Cateno De Luca, parte dal 19% reale di gradimento dei siciliani nel 2022, al netto dell’astensionismo. “Lei ha il diritto, il dovere e l’obbligo di amministrare”, dice a Schifani il leader di Sud chiama Nord. Non è il solito Cateno De Luca, teatrale, a braccio. Legge un discorso scritto e misurato il capogruppo e leader di partito. Cateno De Luca punta il dito sulla responsabilità che il presidente della Regione ha nella scelta dei componenti della giunta e per le posizioni di sottogoverno.
“Autorevolezza ed autorità non sono la stessa cosa”, dice il deputato sindaco di Taormina a Renato Schifani mettendo sale in una ferita che il presidente della Regione accusa e che ha constatato, non soltanto con i fatti contestati sopra altri dalle opposizioni ma con le ripetute votazioni contrarie di franchi tiratori tra i banchi della maggioranza all’Ars.
Gli interventi dei capigruppo di maggioranza non sono stati scevri di appunti o propositi migliorativi per l’efficienza del governo. Roberto Di Mauro, ex assessore all’Energia ed oggi capogruppo degli autonomisti di Raffaele Lombardo, ha ricevuto qualche battuta dall’aula appena accennato il tema “acqua”. Inevitabile considerata l’inchiesta giudiziaria con richiesta di rinvio a giudizio a suo carico per fatti che riguardano la rete idrica agrigentina. In sequenza sono intervenuti poi i capigruppo Geraci della Lega, Abbate della Dc, Assenza di Fratelli d’Italia, Pellegrino di Forza Italia. Poi, dopo il capogruppo di bandiera del presidente, è giunto il momento per Renato Schifani di replicare a Sala d’Ercole.
La risposta di Schifani: “Abbiamo 12,8 miliardi di liquidità”
Parla da avvocato, oltre che da presidente, Renato Schifani. Pone un esempio sul patto scelleris tra un dirigente regionale ed un corruttore spiegando che la giunta non può certo essere presente ovunque. Ricorda che per garantire impegni al di sopra di dubbi la Regione ha affidato ad Invitalia la gestione di appalti.
Schifani, riferendosi a Totò Cuffaro afferma che è stato un colpo pesante per la Regione, poi risponde all’aula mettendo in fila appunti da un discorso scritto con cura ed alternato a brevi divagazioni a braccio dettate dall’umore.
“Oggi abbiamo 12,8 miliardi di liquidità”, dice Schifani sottolineando che si attende la parifica della Corte dei Conti per poterli spendere. Mette in fila anche i dati sull’occupazione, ricordando la scuola berlusconiana da cui ha tratto la filosofia per il rilancio dell’economia dell’Isola. La precedenza però il presidente la da ai punti di merito del proprio operato, inclusi i termovalorizzatori per cui, afferma, “stiamo mettendo tutto lo sforzo umano e politico necessario” sul tema dei rifiuti. Un accenno iniziale al garantismo, un ampio rinvio allo stato della Sanità, ma nel frattempo l’opposizione a Sala d’Ercole mormorava scarsamente soddisfatta.
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