Nel 1966 il Belpaese era la terza potenza produttrice di energia da fissione. Dopo il referendum del 1987 le centrali sono state smantellate e si è assistito a una inesorabile perdita di autonomia
ROMA – È una storia quanto mai travagliata e ormai vecchia di 56 anni quella dell’energia nucleare in Italia, andata in pensione troppo presto e sulla quale si sono riaccesi i riflettori solo negli ultimi mesi, nel mezzo di una guerra che ha portato in superficie il problema della totale dipendenza energetica del nostro paese dall’estero. Come evidenziato dai dati di Italy 4 Climate, solo nel 2021 il 77% della produzione di energia è stata ottenuta grazie all’import da altri paesi di combustibili fossili quali petrolio, gas e carbone mentre solo il 33% è stata soddisfatta dalla produzione nazionale, di cui il 19% da fonti rinnovabili.
Peccato, però, che ancora il 39% del fabbisogno energetico della nazione provenga dal gas e, giustappunto, la bellicosa Russia colpita dalle sanzioni europee è il nostro primo fornitore di fonti fossili, seguita da Algeria, Azerbaijan e Libia.
Va aggiunto che il Parlamento europeo, proprio lo scorso luglio, ha inserito gas e nucleare nella “tassonomia” green, ovvero nella lista degli investimenti sostenibili dell’Unione europea. Le due fonti sono state considerate dunque compatibili con la sostenibilità nella fase di transizione all’energia completamente pulita. Questo vorrà dire che i nuovi impianti a gas e a nucleare potranno ricevere finanziamenti da parte degli investitori, seppur per un periodo di tempo limitato e solo quando vanno a sostituire le centrali a carbone. Nel frattempo, però, l’inverno si avvicina ed è corsa alla ricerca di nuovi fornitori ma anche di nuovi (e vecchi) metodi di autosostentamento, spingendo verso la crescita delle rinnovabili e con qualche timido segnale di interesse anche verso la dibattuta questione della creazione di centrali nucleari, proprio nella nazione che per prima ne ha scoperto le potenzialità e, allo stesso tempo, nel giro di poco più di un ventennio, l’ha nascosta in cantina.
LA STORIA
Correva il lontano 1966 e l’Italia era il terzo produttore mondiale di energia nucleare dopo Stati Uniti e Gran Bretagna. Un dato che non stupisce se si considera che il primo reattore nucleare di costruzione umana è a firma dell’italiano Enrico Fermi, che in piena Seconda guerra mondiale, il 2 dicembre del 1942, riuscì ad avviare la prima reazione a catena controllata e sostenuta, insieme alla sua equipe nel reattore CP-1 di Chicago.
Solo 17 anni dopo in Italia viene costruito il primo reattore di ricerca a Ispra, in provincia di Varese, e nel 1963 viene realizzata la prima centrale a Latina. Negli anni a venire ne vengono costruite altre tre: una a Sessa Aurunca, vicino a Caserta, una seconda a Trino, in provincia di Vercelli (che una volta entrata in funzione si rivela la più potente al mondo), e una terza a Caorso, in provincia di Piacenza, la quale nel 1978 viene collegata direttamente in parallelo con la rete di distribuzione di energia elettrica. Vi è in realtà un quarto impianto, ovvero quello di Montalto di Castro (Viterbo) che, però, non entrerà mai in funzione. Proprio nel 1981 il… CONTINUA LA LETTURA. QUESTO CONTENUTO È RISERVATO AGLI ABBONATI