Non stabilizzò i precari, Comune di Casteldaccia condannato - QdS

Non stabilizzò i precari, Comune di Casteldaccia condannato

redazione

Non stabilizzò i precari, Comune di Casteldaccia condannato

giovedì 27 Febbraio 2020

Sentenza del Tribunale di Termini Imerese: l’Ente dovrà corrispondere l’equivalente di 12 mensilità per la mancata trasformazione a tempo indeterminato dei contratti

PALERMO- Aveva assunto con contratti a tempo determinato una ventina di dipendenti, a partire dal 2011, contravvenendo alle disposizioni normative in tema di contrattazione e superando le 36 mensilità senza che tali contratti venissero trasformati a tempo indeterminato. Per tale ragione il Comune di Casteldaccia è stato condannato dal Tribunale di Termini Imerese a risarcire i dipendenti con l’equivalente di 12 mensilità.
“La decisione non ci sorprende. Per giurisprudenza consolidata qualsiasi cittadino che abbia lavorato per più di tre anni alle dipendenze di un Ente pubblico, attraverso contratti a tempo determinato, ha diritto ad avere un risarcimento economico pari almeno ad un anno di stipendio. In Sicilia e in Italia sono migliaia le persone che si trovano in una situazione simile e che possono essere tutelate”. A dichiararlo gli avvocati Francesco Leone, Simona Fell e Chiara Campanelli dello studio legale Leone-Fell che hanno assistito i dipendenti del comune di Casteldaccia. “Il rispetto delle regole è fondamentale, ancor più in tema di tutela dei lavoratori. Quando è un’amministrazione pubblica a contravvenire a tali regole il danno non è solo nei confronti dei propri dipendenti, ma anche di tutta la comunità perché non si può pretendere il rispetto delle regole quando è l’ente pubblico stesso a contravvenirle. Anche questa volta abbiamo lavorato per tutelare i diritti di chi, con perizia e dedizione ha prestato servizio per la comunità, ma non ha ottenuto pari trattamento. Ci auguriamo che questa vittoria possa servire da monito per tutte le amministrazioni pubbliche che, negli ultimi anni, hanno abusato della contrattazione a tempo determinato, in barba alle regole e a danno dei propri dipendenti”.

Il Dlgs n.368/2001, con gli art. 4 e 5, disciplina proroga e successione dei contratti; tali disposizioni sono “dirette per l’appunto a contrastare l’abusivo ricorso al contratto a termine come richiesto dalla clausola 5 dell’accordo” (SU n. 5072/16). “Da una parte l’art. 4 ha previsto che il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni” e, comunque, per una sola volta e a condizione che la proroga sia determinata da ragioni oggettive riferibili alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulati a tempo determinato. “Da ultimo è stata introdotta la durata complessiva del rapporto a termine che non potrà essere superiore ai tre anni e il cui superamento costituisce un chiaro indice della fattispecie dell’abuso”.
E come precisato anche dalla Corte di Cassazione in casi analoghi “l’abusivo ricorso al contratto a termine è fonte di danno risarcibile per il lavoratore che abbia reso la sua prestazione lavorativa in questa condizione di illegalità”.
Pertanto, i giudici del tribunale del lavoro di Termini Imerese hanno dichiarato “illegittimo il termine apposto ai contratti indicati in motivazione e, per l’effetto, condannato il comune di Casteldaccia a corrispondere a ciascuno dei ricorrenti, a titolo di risarcimento danni, una somma pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi come per legge”.

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