Nuccio Cusumano, fondatore di “Democrazia è territorio”: obiettivi ed ambizioni. “Partiti in crisi, va recuparata la distanza siderale tra elettori ed eletti”
PALERMO – Europee e amministrative in 3700 Comuni italiani: si guarda già con grande interesse ai due appuntamenti elettorali destinati a ridisegnare, se non a rivoluzionare del tutto, gli attuali assetti politici e istituzionali a livello nazionale ma anche europeo.
Del rapporto tra politica e territorio e delle istanze dei cittadini abbiamo parlato con l’onorevole Nuccio Cusumano che è fondatore della neonata associazione politico culturale “Democrazia è territorio”, una realtà che – con coordinamenti territoriali in Regione e non solo – sta stilando una propria carta d’identità per inserirsi nel dibattito.
Quale contributo alla politica può arrivare dal mondo dell’associazionismo?
“L’associazionismo continua ad essere un architrave del sistema democratico del nostro Paese. Sia per l’autorevolezza della funzione che per la completezza dei risultati che genera, costruendo un’area di riferimento anche per le forze politiche, delle quali avvertiamo una crisi rispetto alle grandi tradizioni delle culture europee. Le associazioni sono una certezza anche per la ricchezza del dibattito che alimentano, con la capacità di intercettare sia l’opinione pubblica che i cittadini. è un’antenna di riferimento. Non a caso ho avuto l’idea di lanciare un’associazione politico culturale: ‘Democrazia è territorio’ è nata circa un mese fa e da lì partiamo per tornare ad essere un riferimento nel dibattito politico, soprattutto nella nostra Regione”
Quale nuovo ruolo bisogna riconoscere al territorio? A volte nel dibattito politico non si tiene conto della dimensione territoriale…
“Una delle ragioni è l’aver definito delle leggi elettorali che hanno fatto collassare il rapporto tra eletto ed elettore: un’azione più protesa alla tutela di chi ha la guida di un partito, con il suo gruppo dirigente ristretto, piuttosto che alla selezione autentica di dirigenti parlamentari. Ciò ha generato una distanza siderale tra il territorio e gli eletti, soprattutto per Camera e Senato. Cosa diversa è la Regione, che ha una legge elettorale che affida agli elettori la possibilità di scegliere. L’altra causa è la crisi dei partiti di massa che nel corso del tempo hanno cessato la loro funzione al servizio del Paese. Le culture di riferimento però rimangono, con classi dirigenti collocate in diverse formazioni – spesso in conflitto, a volte convergenti sulla proposta -. Il nome ‘democrazia è territorio’ nasce dall’obiettivo che deve albergare nella testa di ciascun operatore della politica: esaltare la democrazia e recuperare la fecondità delle relazioni perché è dal confronto col territorio che nascono le migliori scelte, soprattutto in una fase in cui si registrano dati ottimali per il Paese – che confermano l’intelligenza delle scelte economiche del governo Draghi -. Bisogna, però, tornare ad un patto sociale che offra all’Italia un’opportunità in più rispetto a questa autonomia differenziata, che è un modo per affermare il primato del nord, quando invece andava – e sono convinto che ci si possa ancora lavorare – riaffermato il principio di tutela delle regioni del meridione e di parità, valorizzando le risorse del gettito fiscale: dobbiamo guardare alle condizioni di sottosviluppo che esistono e che sono presenti in molte aeree”.
I prossimi passi dell’associazione?
“Entro il mese aprile avremo degli organi dirigenti di respiro nazionale. Stileremo la carta degli obiettivi programmatici e delle priorità che servono al Paese e soprattutto, per rimuovere le due velocità del sistema servono al Mezzogiorno e alla Sicilia per essere al passo con la tempistica necessaria al grande salto economico e sociale; vedremo poi come si evolverà il dibattito all’interno dei partiti. Siamo in campo con il ruolo di un’associazione ma con una vocazione anche – senza imporre nessuna collocazione ai dirigenti – di poterci orientare verso un’area politica che esalta anche il magistero della chiesa, la tradizione dei cattolici democratici e soprattutto recupera la centralità della persona umana in una fase in cui la politica dei diritti arranca le sacche di povertà vanno rimosse con il coraggio di scelte funzionali ad abbattere lo steccato tra chi sta bene e chi sta male”.