ROMA – Diminuisce ulteriormente la misura degli interessi legali. Con Decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 dicembre scorso (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 289 del 13 dicembre), il tasso di interesse di cui all’articolo 1.284 del Codice civile è stato portato all’1,60 % in ragione d’anno. Attualmente, e fino alla fine dell’anno, l’interesse legale è pari al 2%.
Andamento storico degli interessi legali
In passato gli interessi legali erano scesi notevolmente, arrivando, nel 2021, addirittura allo 0,01%. Dal 2022, però, hanno invertito la marcia, ricominciando ad aumentare e, nel 2023, hanno raggiunto il 5%. Già dal 2024, però, il tasso è tornato a diminuire, arrivando, come si diceva prima, all’1,60% a partire dal 1° gennaio 2026.
Si deve ricordare che tutte le variazioni sono collegate al rendimento medio dei titoli di Stato e al tasso di inflazione annuo. Occorre anche rammentare che, così come previsto dall’articolo 2, comma 185, della legge 662/1996, se la modifica non fosse intervenuta entro il 15 dicembre, anche per l’anno successivo si sarebbe dovuta applicare la vecchia percentuale.
Interessi legali e ambito tributario
L’applicazione del tasso legale degli interessi non ha solo risvolti nell’ambito delle normali obbligazioni civilistiche: interessa, infatti, anche l’ambito tributario in quanto è prevista la corresponsione degli interessi legali nelle ipotesi in cui viene chiesta la rateizzazione delle somme da pagare quando ci si avvale dei diversi sistemi di definizione agevolata, nonché nel caso di “ravvedimento operoso”.
In quest’ultima eventualità, per esempio, per quanto riguarda l’ipotesi di omesso, insufficiente o tardivo versamento dei tributi, è previsto il pagamento della sanzione ridotta, nonché degli interessi legali, calcolati dal giorno successivo a quello della scadenza dell’adempimento fino al giorno in cui il contribuente regolarizza la propria posizione.
Disparità tra contribuente ed Erario
Ancora una volta dalla pagine di questo Quotidiano segnaliamo non soltanto la confusione che esiste in materia di interessi fiscali, ma anche la disparità di trattamento tra il caso in cui il creditore è l’Erario e l’altro caso in cui il creditore è il contribuente. Se, da un lato, infatti, gli interessi pagati dallo Stato ai contribuenti in caso di tardivo pagamento dei rimborsi d’imposta sono pari al 2%, dall’altro, tutti gli interessi dovuti all’Amministrazione finanziaria o all’Agente della riscossione sono di gran lunga superiori e vanno dal 3,50% al 4,50%.
Sono principalmente gli interessi “fiscali”, e in particolare quelli che si applicano dopo sessanta giorni dalla notifica della cartella, gli oneri che gonfiano il debito tributario delle persone che hanno difficoltà a pagare. Eppure, l’articolo 13 del Decreto legislativo n. 159 del 24 settembre 2015, aveva previsto che entro novanta giorni dalla sua entrate in vigore il ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbe dovuto emanare un Decreto stabilendo una misura unica per tutti gli interessi riguardanti la materia fiscale. Un decreto che, a tutt’oggi, non risulta ancora emanato.
Armonizzazione degli interessi fiscali
Una mancanza che nuoce alla tax compliance, perché contrasta fortemente con la necessità di trasparenza delle disposizioni di natura fiscale e con l’esigenza di assicurare la giusta tolleranza verso i contribuenti più deboli. La delega fiscale, tuttavia, all’articolo 16, lettera q), della legge n. 111 del 9 agosto 2022, prevede l’armonizzazione degli interessi fiscali. Ancora, però, nessuna novità si è avuta in merito, se non appunto la riduzione degli interessi legali.
Speriamo che il legislatore delegato voglia provvedere al più presto a eliminare quella che a molti appare come una grave ingiustizia, rappresentando una disparità di trattamento tra contribuente e Amministrazione finanziaria, con una violazione del principio costituzionale di uguaglianza.

