Occorre fondare il partito liberal-verde - QdS

Occorre fondare il partito liberal-verde

Carlo Alberto Tregua

Occorre fondare il partito liberal-verde

giovedì 11 Luglio 2019

Nello scenario politico italiano vi è un vistoso buco e cioè l’inesistenza di un partito centrale, quella posizione che ha occupato per molti decenni la Balena bianca, ossia la Democrazia cristiana.
Nel versante dei conservatori, la presenza di Forza Italia si attesta, secondo i sondaggi, attorno al 6 per cento. Analoga percentuale ha raggiunto, in crescita, Fdi, il partito della Meloni, mentre l’asso pigliatutto del settore l’ha giocato Matteo Salvini, il cui partito, la Lega, sempre secondo i sondaggi, ha superato la soglia del 37 per cento.
Nell’altro versante dell’arena politica, cioè quello di progressisti, socialisti o altre denominazioni (per favore, non chiamatela più Sinistra), c’è una grande confusione, mentre non vi è una linea politica chiara e costruttiva per precostituire una alternativa all’attuale maggioranza.
Non sapremmo ove collocare il M5s che si potrebbe definire una anomalia italiana: oggi sono alleati con Salvini, domani si potrebbero alleare col Pd, in quanto costituiscono una variabile indipendente dello scenario politico.


Dunque, manca un’aggregazione politica, espressione dei moderati italiani e di quei ceti medi che costituiscono la parte centrale della popolazione, la più numerosa, quella che fa vincere o perdere le elezioni. è strano, che proprio chi ha il pallino nelle mani non lo utilizzi per dare un riferimento politico cui fare convergere i propri voti.
In Italia manca un partito liberale e verde, cioè che osservi le leggi macroeconomiche e si regoli di conseguenza, mentre dovrebbe dare opportune e necessarie attenzione all’ambiente ed all’energia.
In Germania i Verdi sono in forte crescita, in Francia i Liberali hanno eletto il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Qui queste due aggregazioni potenziali non hanno ancora trovato personalità che li possano rappresentare.
Cio accade anche perché la gente è abbagliata dal prestigiatore Salvini e un’altra parte irretita dalla piattaforma Rousseau, inventata dal geniale Gianroberto Casaleggio. Sono questioni non da poco che cercheremo di analizzare meglio.

Grillo fu chiamato da Casaleggio per la sua notorietà. Attraversò a nuoto lo Stretto di Messina, cominciò con la serie a mitragliatrice dei vaffa, se la prese con tutti e con tutto. Cosicché la protesta arrivò a livelli notevoli, anche perché in Italia sono più le cose che non funzionano che le altre.
Conseguenza di questo martellamento è stato il successo del M5s nelle elezioni del 4 marzo 2018 con quel 32,7 per cento e centinaia di parlamentari. Addirittura in Sicilia non è stato eletto un senatore perché coloro che erano in lista furono tutti eletti, ma la stessa lista non aveva più nomi.
Le proteste si infrangono sulla realtà e per quanto la compagine governativa sia dotata di buona volontà e voglia di cambiare, poi si scontra con essa. Poi è arrivata la batosta delle elezioni europee del 26 maggio del 2019 che ha contratto il consenso del M5s al 17,1 per cento. Probabilmente questo è il suo vero consenso elettorale e quindi quel movimento si sta attestando a questa dimensione.


Uno dei temi più pubblicizzati è l’accentuazione delle pene nei confronti degli evasori fiscali. Concordiamo pienamente con questo obiettivo perché chi non paga le tasse non è un cittadino per bene, qualunque ne sia la causa. Certo qualche eccezione si può fare purché si trovi in stato di assoluta necessità in base anche a condizioni di mercato. Tuttavia la gran parte dell’evasione non si fonda sui queste ragioni.
Quindi pene più severe ma anche forte modernizzazione dello Stato con la sua completa digitalizzazione a qualunque livello, centrale e locale.
L’attivazione della e-fattura ha già fatto recuperare all’evasione quattro miliardi. L’attivazione dell’e-scontrino farà recuperare ancora miliardi. Se poi i tecnici del Fisco lavorassero sull’incrocio di tutte le banche dati in loro possesso, emergerebbero dei redditi nascosti e non dichiarati.
Un’ultima questione vogliamo accennare: l’uso del linguaggio paradialettale dei politici. Sono ignoranti o lo fanno apposta per non farsi capire? A voi la risposta.

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