Lavoro

Occupazione, lenta ripresa in Sicilia, tre contratti su cinque sono a tempo

PALERMO – Nel 2021 l’andamento delle posizioni di lavoro alle dipendenze si è rafforzato. In Sicilia, i contratti attivati sono stati 44.994 (26.274 a tempo determinato e 18.720 a tempo indeterminato), dati superiori anche al periodo pre-pandemia. Nel 2019, infatti, le nuove assunzioni si stabilivano attorno alle 16.421 unità (contro i 15.767 del 2020). Questo è quanto rileva il report sul mercato del lavoro di Bankitalia, ministero del Lavoro e Anpal sulla base delle comunicazioni obbligatorie e le dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro.

Il Mezzogiorno, in generale, ha risentito in misura più limitata dell’emergenza sanitaria nella media del periodo 2020-21, il Sud e le Isole hanno registrato tassi di crescita superiori a quelli, molto contenuti, del biennio precedente. Il miglioramento riflette però esclusivamente il calo delle cessazioni determinato dalle misure governative (blocco dei licenziamenti, estensione degli strumenti di integrazione salariale), che hanno prolungato la durata effettiva dei contratti, generalmente inferiore in queste aree. Le assunzioni a tempo indeterminato continuano a crescere più lentamente rispetto al Centro Nord.

A livello nazionale, nel complesso del 2020-21 – spiega Bankitalia – sono stati infatti attivati, al netto delle cessazioni, circa 560.000 nuovi posti di lavoro alle dipendenze, rispetto ai 605.000 del biennio precedente. La dinamica beneficia, tuttavia, del basso numero di cessazioni, ancora contenuto dal ricorso diffuso agli strumenti emergenziali di integrazione salariale, di cui è previsto il graduale superamento nel 2022.

Agli andamenti complessivi del 2022 contribuirà pure la capacità del sistema produttivo di preservare tali posizioni, molte delle quali sono giunte a scadenza il 31 dicembre del 2021. Anche il saldo delle posizioni permanenti è cresciuto, seppur a ritmi più moderati: nel primo semestre, a fronte della debolezza delle attivazioni il miglioramento è stato determinato esclusivamente dal numero contenuto di cessazioni. Nella seconda parte dell’anno, invece, alla dinamica dell’occupazione di tipo stabile ha contribuito anche la ripresa delle assunzioni e delle trasformazioni, che in autunno hanno superato i livelli pre-pandemici.

Capitolo licenziamenti

Secondo i dati di Bankitalia, nell’anno da poco concluso i licenziamenti sono rimasti su livelli mediamente modesti (27mila contratti cessati ogni mese, circa il 40% in meno rispetto al 2019). Gli incrementi registrati nei mesi immediatamente successivi alla rimozione dei vari blocchi (30 giugno per l’industria, ad eccezione del comparto tessile e dell’abbigliamento, 31 ottobre per tutti gli altri comparti) appaiono avere natura temporanea e verosimilmente riflettono esuberi già previsti nei mesi precedenti.

Non si sono, invece, ancora riassorbiti i divari di genere alimentati dalla pandemia. Stando a quanto emerge dal report, la ripresa del 2021 ha favorito l’occupazione maschile, tornata sul sentiero di crescita del 2018-19; rimangono ancora ampi i margini di recupero per quella femminile il cui andamento mostrava segnali di relativa debolezza già prima dell’emergenza sanitaria. Le lavoratrici continuano, inoltre, ad essere penalizzate da una minore domanda di lavoro di tipo permanente: nonostante rappresentino circa il 42% della forza lavoro, incidono solo per un terzo sul saldo delle posizioni a tempo indeterminato.