Che i salari siano stati falcidiati dall’inflazione conseguente al Covid è un dato inoppugnabile. Che essi non possano recuperare il taglio subito in poco tempo è un altro dato non controvertibile, perché è quasi impossibile per le imprese aumentare i costi senza aumentare le vendite. Ma esse non sono sufficienti in quanto debbono avere al proprio interno un margine che consenta di assorbire l’aumento dei costi, fra cui quelli dei/delle dipendenti.
Il processo è elementare e accessibile a chiunque. Infatti qualunque famiglia di buonsenso, prima di affrontare una spesa corrente o non corrente, fa una valutazione delle proprie entrate. Guai a quella famiglia che si indebita programmando rate che poi renderanno la vita della stessa piuttosto difficile.
Il criterio è adattabile per le imprese, le quali debbono ricevere più di quanto erogano, diversamente vano in stato di decozione e successivamente falliscono.
L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha emesso una sorta di verdetto e cioè che l’aumento di stipendi e salari è conseguente a un aumento di produttività. Questa è una parola che ha un significato assolutamente semplice: vuol dire che nello stesso tempo ogni persona deve fare più cose, ovvero produrre beni e servizi che abbiano un maggiore valore aggiunto, cioé quel margine prima accennato.
Perché aumenti la produttività è necessario migliorare l’organizzazione del personale, ma anche ammodernare gli strumenti di lavoro inserendo massicce dosi di innovazione e di formazione, senza le quali l’aumento di produttività è mera utopia.
La parola in esame è conosciuta perfettamente dal mondo delle imprese grandi, medie e piccole, anche se la relativa tecnica è poco conosciuta nel mondo delle piccole imprese, in quanto molti imprenditori e imprenditrici sono improvvisati/e e non hanno studiato l’Organizzazione, che è la scienza di base per fare funzionare un organismo multiplo quale è, appunto, l’impresa.
Dunque, nonostante le difficoltà elencate, è necessario che la produttività aumenti come strumento moltiplicatore perché aumentino stipendi e salari.
Come può aumentare la produttività? Non solo migliorando la performance di chi lavora in un’impresa; non solo utilizzando strumenti informatici più innovativi, ma anche inserendo elementi psicologici che consentano di connettere i mezzi al fine, che è quello del reddito di impresa.
Tali elementi si estrinsecano in un coinvolgimento anche emotivo, facendo comprendere come ciascun componente di un’impresa sia come una sorta di professore/essa d’orchestra, il/la quale, quando suona, dev’essere intonato/a e stare nei tempi previsti dal suo spartito. In altri termini, ogni componente di un’impresa di piccole dimensioni la deve sentire come la propria famiglia, di cui fa parte.
Va da sé che in questo quadro l’imprenditore/trice minore deve comportarsi nei confronti dei/delle suoi/sue dipendenti, appunto, come se fossero membri della famiglia.
Nelle imprese grandi e medie questo criterio è più difficile da adottare date le dimensioni, ma la leva psicologica dovrebbe ugualmente essere presente.
Nella Pubblica amministrazione la questione è completamente diversa, perché nessun dirigente amministrativo o capo politico di un ente pubblico si pone la questione della produttività. Questa omissione comporta un dispendio di risorse umane e finanziarie senza limiti, perché manca il progetto organizzativo effettivo, anche se molti enti pubblici hanno documenti che assomigliano, seppure lontanamente, a modelli organizzativi.
La verità è che ai/alle responsabili politici e amministrativi degli enti pubblici non importa nulla della produttività, ripetiamo, termine che sconoscono. Inoltre, c’è da dire che chi va nell’ente pubblico deve solo consumare l’orario di lavoro, prescindendo dal risultato che dovrebbe conseguire nello stesso orario.
Quello che scriviamo è un dato di fatto, non un’opinione. Aspettiamo qualcuno che lo smentisca concretamente e non con inutili chiacchiere.

