Roma, 6 ott. (askanews) – Mancano pochi giorni al via alla raccolta delle olive sui Colli Euganei, ma quella 2025 si preannuncia un’annata difficile non solo per la mancanza di olive, ma anche per una percentuale molto alta di attacchi di mosca olearia. “Purtroppo le condizioni climatiche non ci hanno aiutato, a causa dell’eccesso di piogge che ha portato ad un elevato grado di umidità. A questo si aggiunge la mancanza di molecole fondamentali per contrastare l’insetto. Oggi ci sono prodotti che costano di più e funzionano meno contro nemici infidi e dannosi. Si parla di un calo produttivo possibile tra il 40 e il 50%, anche se le rese potrebbero essere in crescita dal 6-8% dello scorso anno al 14-15%. Una magra consolazione, dato che il prodotto sarà pochissimo”. A fare i conti è Leonardo Granata, presidente degli olivicoltori di Confagricoltura Padova e del Veneto, a margine di un convegno che si è svolto a Salò sul “Valore dell’olivicoltura di collina, dalla tradizione al futuro”, organizzato da Confagricoltura Veneto e Brescia.
“La nostra olivicoltura non è neanche da paragonare, dal punto di vista quantitativo, a quella del Sud – sottolinea Granata – ma la nostra zona di produzione, anche se marginale, dona olio di alta gamma e contribuisce a creare un contesto pregiato sia sotto il profilo paesaggistico, che ambientale e turistico”.
In Veneto ci sono circa 5.000 ettari a oliveto, per un valore di circa 12 milioni di euro. Circa il 70% delle piante (3.600 ettari) è situato in provincia di Verona, sulle colline tra lago di Garda, Valpolicella e Valpantena. La provincia di Padova conta 450 ettari. Le aziende olivicole venete sono 4.500 con 63 frantoi attivi e due Op (Organizzazioni di produttori), che aggregano 1.400 imprese su 1.666 ettari. Due le denominazioni: la Dop Veneto, che comprende gli areali Veneto Euganei e Berici, oltre che Veneto Valpolicella e Veneto del Grappa; e la Dop Garda riguardante 19 Comuni del Veronese.
E Alberto De Togni, vicepresidente vicario di Confagricoltura Veneto, ha concluso: “per il successo del Piano olivicolo nazionale, che dovrebbe vedere la luce all’inizio del 2026, è necessario che vengano sostenute sia la realtà produttiva del Sud, con l’impianto di nuovi oliveti, sia quella del Nord, situata in areali collinari, creando tutte le opportunità necessarie per investire in tecnologie all’avanguardia”.

