Paolo Borsellino “fu ucciso per un motivo semplice: Perché era Paolo Borsellino, il nemico più odiato di Cosa nostra. Responsabile del maxiprocesso che ha decreto la fine dell’impunità di Cosa nostra e quando le condanne divennero definitive Cosa nostra fu costretta ad agire”. Sono le parole di Giancarlo Caselli, ex Procuratore di Palermo davanti alla Commissione nazionale antimafia.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI
Caselli: “Non dimentichiamo poi i successi contro l’ala militare di cosa nostra, che ha subito colpi durissimi”
“Dopo la reazione dello Stato seguita agli attentati del ’92 c’è stato il più alto numero di collaborazioni con la giustizia, segno di un cambio di egemonia politica e sociale perché il mafioso si pente quando si fida dello Stato. Non dimentichiamo poi i successi contro l’ala militare di cosa nostra, che ha subito colpi durissimi e le indagini sul lato oscuro dei rapporti tra pezzi Stato e boss”. Così l’ex Procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli davanti alla Commissione nazionale antimafia.
“Mafia e appalti, ingiusto strumentalizzare una tesi a discapito di altre”
“Trovo ingiusto strumentalizzare una tesi a discapito di altre. Non ci sono elementi per dire che la strage via D’Amelio sia collegata all’indagine mafia-appalti e, inoltre, né prima del mio arrivo alla procura di Palermo né dopo c’è stata una cattiva gestione di quell’indagine. Entrambi, sia Falcone che Borsellino, sono stati uccisi per una vendetta postuma di Cosa nostra che li riteneva i suoi peggiori nemici. In più Borsellino fu fermato per impedire che riferisse ai magistrati di Caltanissetta, qualora mai l’avessero convocato, quanto a sua conoscenza sull’attentato a Falcone”. Così, l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli proseguendo la sua audizione davanti alla commissione nazionale antimafia nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio.

