Buona, benestante e di gradevole aspetto. Laura Ziliani è stata uccisa da due delle sue figlie e dal genero che volevano sostituirsi a lei nell'amministrazione del patrimonio.
Svolta nelle indagini sulla morte di Laura Ziliani, la vigilessa di Temù, nel Bresciano, scomparsa l’8 marzo e ritrovata morta tra la vegetazione nel paese dell’Alta Vallecamonica l’8 agosto.
Proprio questa mattina sono state arrestate dai carabinieri di Brescia due delle tre figlie della donna e il fidanzato della maggiore: si tratta di
Silvia e Paola Zani – di 27 e 19 anni – e del genero Mirto Milani, residente in provincia di Lecco. I tre sono stati condotti in carcere a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Brescia, Alessandra Sabatucci.
Il movente
Secondo il gip, l’omicidio è frutto di una lunga premeditazione, tanto che i tre giovani sono riusciti a depistare le indagini. Il movente sarebbe di natura economica, perché i giovani desideravano amministrare il vasto patrimonio immobiliare di Ziliani. E adesso sono accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere in concorso tra loro.
A lanciare l’allarme della scomparsa della donna erano state le due figlie la stessa mattina del delitto, verso le ore 12, contattando il 112 e segnalando il mancato rientro della madre. Hanno raccontato di averla vista uscire di casa intorno alle 7 per andare a fare una passeggiata nella frazione di Villa Dalegno e di averla attesa invano verso le ore 10 per recarsi con lei in discarica.
Carabinieri, vigili del fuoco, soccorso alpino e altri volontari sono prontamente intervenuti per le ricerche, ma della povera mamma nessuna traccia.
Le bugie degli indagati
Sin da subito gli inquirenti hanno nutrito dei dubbi sul racconto delle figlie e del genero. Anche perché la donna era molto conosciuta in paese e nessuno ha detto di averla vista, nemmeno la vicina di casa.
Intercettazioni, perquisizioni, analisi di tabulati, cellulari e computer hanno consentito quasi di escludere l’ipotesi dell’infortunio o un malore.
Assieme alla telefonata tempestiva delle figlie, allo strano ritrovamento del cellulare di Zilani su una panca in cantina e della scarpa e dei jeans nel torrente Fumeclo. E della seconda scarpa nel luogo opposto, ovvero vicino al luogo in cui si trovava il cadavere.