Chiesta una condanna di 24 anni per l'infermiere accusato dell'omicidio della fidanzata nel 2020.
Chiesta una condanna di 24 anni per Antonio De Pace, l’infermiere di Vibo Valentia accusato dell’omicidio della fidanzata Lorena Quaranta, laureanda in medicina uccisa a Furci Siculo (Messina).
A chiedere 24 anni di reclusione per il delitto, avvenuto il 21 marzo 2020, è la Procura di Reggio Calabria. Il processo è stato rinviato al 28 novembre, quando la Corte d’Assise d’Appello si riunirà in camera di consiglio per la sentenza.
Omicidio Lorena Quaranta, chiesta condanna di 24 anni per Antonio Pace
La Procura di Reggio Calabria ha chiesto 24 anni per Antonio Pace. Il processo era finito in Calabria dopo l’annullamento disposto lo scorso luglio dalla Cassazione “limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche”, non riconosciute dalla Corte d’Assise d’appello di Messina che aveva condannato De Pace all’ergastolo.
Qualora le “attenuanti generiche” fossero riconosciute, invece, Pace riuscirebbe a evitare l’ergastolo. Ma non la condanna: la responsabilità penale dell’imputato è stata infatti definita “irrevocabile” dalla Cassazione, che chiede ai giudici di valutare esclusivamente il riconoscimento o meno di attenuanti.
L’attenuante dello “stress da Covid”
L’omicidio di Lorena Quaranta è avvenuto nella fase iniziale del lockdown, nel 2020. La giovane sarebbe stata picchiata con calci e pugni, colpita con una lampada da comodino e infine strangolata dal fidanzato. Secondo la sentenza di annullamento dell’ergastolo da parte della Cassazione, i giudici di secondo grado non avrebbero tenuto conto che l’omicida sarebbe stato “stressato” a causa del Covid.
“Deve stimarsi che i giudici di merito – si legge nella sentenza – non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, e in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere ‘efficacemente tentato di contrastare’ lo stato di angoscia del quale era preda” e se tale “stato di angoscia” fosse da imputare al “sopraggiungere dell’emergenza pandemica”.
Il sostituto procuratore generale Domenico Galletta avrebbe chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenendole equivalenti all’aggravante dell’uccisione di una persona legata da una relazione affettiva stabile e convivente. La richiesta di 24 anni di carcere è la pena massima prevista per questo tipo di omicidio.
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