Omicidio Raciti, Speziale si dice innocente e non vuole pagare risarcimento danni - QdS

Omicidio Raciti, Speziale si dice innocente e non vuole pagare risarcimento danni

Omicidio Raciti, Speziale si dice innocente e non vuole pagare risarcimento danni

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mercoledì 01 Dicembre 2021

Antonino Speziale, all'epoca dei fatti minorenne, chiede di riformare la sentenza che lo ha condannato per l'omicidio preterintenzionale dell'ispettore capo della polizia Filippo Raciti.

Riformare integralmente la sentenza di primo grado che lo condanna a un risarcimento dei danni, rinnovare il dibattimento e citare come testi il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno, la vedova Marisa Grasso, e l’altro imputato condannato, Daniele Natale Micale.

Sono le richieste avanzate alla Corte d’appello civile di Catania dalla difesa di Antonino Speziale, l’ultrà del Catania che ha scontato una condanna definitiva a otto anni di reclusione per l’omicidio preterintenzionale dell’ispettore capo della polizia Filippo Raciti, morto il 2 febbraio del 2007 dopo scontri tra forze dell’ordine e tifosi etnei mentre si giocava il derby con il Palermo. L’atto è stato depositato dall’avvocato Giuseppe Lipera.

L’udienza è stata fissata per il 30 giugno del 2022. Il Tribunale civile, il 14 maggio scorso, con sentenza di primo grado, ha condannato Speziale e Micale, quest’ultimo condannato a 11 anni di reclusione per lo stesso reato, a pagare 15 milioni di euro come risarcimento danni alla Presidenza del consiglio dei ministri e al ministero dell’Interno.

Speziale, inoltre, è stato condannato a versare, da solo, 25mila euro ciascuno alla Presidenza del Consiglio e al ministero dell’Interno. Nel ricorso l’avvocato Lipera osserva che la sentenza è stata pubblicata, ma non ancora notificata e ribadisce che “Antonino Speziale (all’epoca dei fatti minorenne) non ha alcuna responsabilità sulla morte del compianto ispettore Filippo Raciti”, sottolinea “l’insussistenza del danno patrimoniale e non patrimoniale” e ritiene la cifra stabilita “eccessiva e sproporzionata, oltre che del tutto immotivata”.

Nel sollecitare la rinnovazione del dibattito l’avvocato Lipera ha chiesto di “ammettere a prova” nove testimoni – tra medici legali, esperti del Ris e poliziotti – ponendo complessivamente 59 quesiti a cui rispondere in sede di eventuale udienza. (ANSA).

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