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Omicidio Sara Campanella, favoreggiamento dei genitori di Argentino? Presentato esposto-denuncia

Omicidio Sara Campanella, favoreggiamento dei genitori di Argentino? Presentato esposto-denuncia
sara campanella

La famiglia della vittima chiede chiarimenti sulla posizione dei genitori del 27enne reo confesso, poi deceduto, del femminicidio di Messina.

Un esposto-denuncia per chiedere un approfondimento di indagini e verificare la posizione dei genitori di Stefano Argentino, il 27enne che lo scorso 6 agosto si è tolto la vita all’interno del carcere di Gazzi di Messina, dove si trovava per l’omicidio della collega di università, Sara Campanella.

Questo quanto presentato stamane dai genitori di Sara al termine dell’udienza di apertura e chiusura del processo nei confronti di Argentino, in Corte d’Assise a Messina. Non più soltanto la storia di un femminicidio che ha tolto la vita a una giovane promessa universitaria: ora, dietro la ferita aperta del 31 marzo scorso, i familiari chiedono che si faccia luce su eventuali omissioni e condotte che — a loro avviso — avrebbero agevolato l’atto criminale.

Omicidio Campanella, esposto-denuncia ai genitori di Argentino

Al centro dell’esposto, presentato nella mattina successiva alla chiusura del processo per “morte del reo, c’è la figura di Daniela Santoro, madre di Stefano Argentino, il 27enne reo confesso che ha ucciso Sara e poi si è tolto la vita in carcere. La richiesta dei genitori di Sara è netta e circostanziata: nell’esposto vengono ipotizzati i reati di favoreggiamento personale e di concorso morale.

Gli avvocati della famiglia Campanella — Cettina La Torre, Filippo Barbera e Riccardo Meandro — hanno depositato agli atti una mole di conversazioni, chat e registrazioni telefoniche che, a loro dire, mostrerebbero non solo la “piena consapevolezza” da parte di Argentino degli stati d’animo patologici che nutriva verso Sara, ma anche la consapevolezza, da parte della madre, di tali vissuti.

Il procedimento

La presidente della Corte d’Assise, Maria Eugenia Grimaldi, ha aperto l’udienza e l’ha chiusa nello stesso giorno, utilizzando la formula prevista della “morte del reo”. Il procedimento a carico di Argentino si è estinto, ma la decisione dei giudici e dei giurati non ha spento il bisogno di verità della famiglia di Sara Campanella.

Nel corso di una conferenza stampa i genitori, assistiti dai loro legali, hanno reso noto l’esposto e ribadito il bisogno di continuare a scavare per cercare la verità per Sara, uccisa a coltellate il 31 marzo scorso nei pressi del Policlinico di Messina.

Sara Campanella, 22 anni, studentessa originaria di Misilmeri, aveva appena terminato una lezione e sognava la laurea che stava per raggiungere. Argentino, che nei confronti della ragazza pare avesse sviluppato una sorta di ossessione – la raggiunse e la colpì a morte con un coltello mai rintracciato dagli inquirenti. Poi, la fuga verso Noto, dove il giovane venne arrestato quella stessa sera.

Le ragioni dell’esposto

Dopo l’arresto e il periodo in carcere, il 27enne si è suicidato il 6 agosto, trovando una conclusione drammatica e definitiva che ha avuto come effetto processuale l’estinzione del procedimento penale a suo carico. Ma la verità giudiziaria piena non coincide sempre con la verità che cercano i familiari di una vittima.

Per questo motivo, spiegano gli avvocati della famiglia Campanella, l’esposto contro la madre di Argentino non è un tentativo di vendetta, ma una richiesta di accertamento di responsabilità che appare, agli occhi dei querelanti, fondata su elementi concreti. I legali riferiscono che sono state depositate nelle cancellerie una serie stringente di conversazioni: messaggi in cui Argentino manifestava alla madre la propria ossessione per Sara, scambi che dimostrerebbero come la cognizione del rischio fosse nota almeno in parte a Daniela Santoro; e – cosa che pesa ancor di più — telefonate intercorrenti subito dopo il femminicidio, nelle quali, secondo gli avvocati, emerge un comportamento che potrebbe configurarsi come partecipazione strumentale o, quanto meno, un tentativo di rendere più difficili le indagini da parte delle forze dell’ordine.

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