Dopo 12 anni dall'omicidio un assassino è ancora a piede libero. Basterebbe raccogliere 900 tamponi, ma in sei mesi ne sono stati raccolti 9. L'avvocato Dario Pastore: "È inaccettabile"
Si torna a parlare dell’omicidio di Valentina Salamone, la 19enne barbaramente uccisa da Nicola Mancuso il 24 luglio del 2010, in una villetta di Adrano. L’ex fidanzato è stato aiutato da un secondo uomo, del quale è stato ritrovato il Dna. Ma adesso il caso rischia di essere archiviato, lasciando un assassino ancora a piede libero.
L’omicidio di Valentina Salamone e i depistaggi
Valentina Salamone era una ragazza semplice e di buona famiglia. Si era innamorata di un uomo di dieci anni più grande di lei: Nicola Mancuso, sposato, con tre figli e precedenti guai con la giustizia.
La loro relazione si era bruscamente interrotta quando la moglie di Mancuso ne era venuta a conoscenza.
I due si sono incontrati nuovamente in occasione di una festa in villa ad Adrano il 24 luglio del 2010. Quella sera erano presenti tanto gli amici di Valentina, quanto quelli dell’ex fidanzato che le ha tolto la vita con la complicità di un secondo uomo mai identificato.
Gli assassini cercarono anche di far credere che Valentina si fosse suicidata. Gli inquirenti trovarono il corpo della ragazza appeso a una trave. E i loro gravi – e grossolani – errori nella fase delle primissime indagini fecero sì che il caso venisse inizialmente archiviato come suicidio. Tra questi, persino il mancato sequestro della villetta.
La condanna di Nicola Mancuso
La famiglia ha sin da subito gridato la verità, ma ha dovuto attendere 10 anni prima che fosse appurata dalla giustizia: Valentina Salamone non si è suicidata. A ucciderla Nicola Mancuso, condannato all’ergastolo con sentenza passata in giudicato soltanto nel gennaio 2022, a quasi 12 anni dal delitto.
Lo stesso sconta una pena di 14 anni per traffico di droga.
Non è ancora chiaro il movente dell’omicidio: se la droga che lei stessa aveva rifiutato e buttato via o cos’altro.
Le testimonianze degli amici e il dolore della famiglia di Valentina
È certo, invece, che un secondo uomo abbia aiutato Mancuso. Ignoto 1 era presente nella scena del crimine: il suo Dna è stato ritrovato sulla suola della scarpa sinistra di Valentina.
Probabilmente, qualcuno degli “amici” sa più di quel che ha dichiarato. Molti dei presenti alla festa si telefonavano a vicenda quando la giovane era già morta, senza mai chiamare la sua utenza telefonica. Dopo, con il permesso degli inquirenti, ripulirono ogni traccia di sangue.
Inoltre, la borsetta della ragazza venne riconsegnata ai parenti da un’amica. Al suo interno dei tranquillanti che, come appurato dall’esame autoptico, non aveva mai assunto e che presumibilmente le appartenevano affatto.
Al dolore atroce per la perdita della figlia, i genitori hanno dovuto sopportare anche le diffamazioni di quanti la dipingevano come un’assidua consumatrice di droga in cerca di fuga dalla sua famiglia. Tutte tesi disconfermate dalle indagini.
Le indagini su Ignoto 1 e il rischio di archiviazione
Ma c’è molto di più: dopo 12 anni dall’omicidio, uno dei due assassini di Valentina Salamone resta a piede libero, nonostante la Procura abbia in mano il suo Dna. Adesso le indagini per assicurarlo alla giustizia rischiano l’archiviazione dopo l’ultima scadenza dei termini del settembre scorso.
Oggi al tribunale di Catania l’avvocato Dario Pastore – che assiste la famiglia Salamone – si è opposto alla richiesta di archiviazione della Procura generale: “Con il sigillo della Cassazione, che mette nero su bianco la sussistenza di tutte le prove a carico di Mancuso, dare un nome al Dna di Maschio 1 significa portarlo a processo senza difficoltà”, ha spiegato.
Omicidio Valentina Salamone: “Ecco cosa gli inquirenti (non) hanno fatto per assicurare Maschio 1 alla giustizia”
Allora perché non si riesce a identificarlo? Quali sono le difficoltà?
“Identificare Maschio 1 non sarebbe complicato se si svolgessero regolarmente le indagini – continua l’avvocato Pastore -. Basterebbe semplicemente campionare i capostipiti in vita dei ceppi maschili di alcuni comuni, raccogliendo il loro Dna con un banale tampone salivare o, addirittura, con una comune mascherina anti-Covid”.
La procedura ricorda quanto già fatto per il caso di Yara Gambirasio che ha portato alla condanna definitiva per omicidio Massimo Bossetti.
“A differenza di quanto necessario per il caso Gambirasio, per il femminicidio di Valentina Salamone basta campionare soltanto il Dna di 900 soggetti di Adrano – aggiunge -. Ci aspettavamo venisse fatto. Ma in sei mesi ne sono stati raccolti soltanto 9. Facendo un calcolo matematico, con questo ritmo ci vorrebbero 50 anni, quando Maschio 1, come quasi tutti i familiari di Valentina, sarebbe già morto”.
Oggi in aula anche i genitori della vittima, che con la dignità e la compostezza dimostrata sin dall’inizio della terribile vicenda, hanno rappresentato la loro ennesima richiesta di giustizia. Cosa potrà succedere adesso?
“Il giudice non ha ancora sciolto la riserva. Il gip Ivana Cardillo potrà optare per l’archiviazione oppure prorogare le indagini per altri sei mesi – conclude -. Dopo tanti sforzi e anni trascorsi nel tentativo di riaprire il caso e assicurare Mancuso alla giustizia, abbiamo servito il secondo assassino su un piatto d’argento. Non proseguire e non concludere a dovere le indagini sarebbe davvero inaccettabile“.