La riproduzione dei fatti narrata dal registra, secondo Massimo Bossetti, non sarebbe fedele. Se non altro perché l'uomo continua a professarsi innocente.
Yara Gambirasio, uccisa la sera del 26 novembre 2010 nel Bergamasco, aveva 13 anni. Per il suo omicidio è stato arrestato Massimo Bossetti. Oggi su Netflix in uscita il film “Yara” per raccontare l’accaduto, ma l’assassino – che si professa innocente – fa sapere che “non racconta la sua storia”.
Il ritrovamento di Yara Gambirasio e la condanna di Massimo Bossetti
La piccola Yara venne ritrovata morta il 26 febbraio del 2011, in un campo aperto a Chignolo d’Isola. Sul suo corpo ferite importanti causate presumibilmente da una spranga e da un’arma da taglio.
A incastrare nel 2014 Massimo Bossetti è stato il Dna prelevato sui vestiti della ragazzina e sovrapponibile al suo. Nel 2016 venne condannato all’ergastolo con pena confermata due anni dopo dalla Corte di Cassazione.
Lui, muratore di Mapello, si è sempre detto innocente. Il Dna, a suo avviso, non gli apparterrebbe e tutti gli altri importanti indizi (la sua assenza da casa nelle stesse ore, l’aggancio delle celle telefoniche della zona interessata, le fibre della tappezzeria del suo furgone ritrovate sul corpo della 13enne, la frequentazione dei luoghi vicini a quelli frequentati da Gambirasio e lontani dalla sua abitazione, le ricerche di materiale pedopornografico ritrovate sul suo pc, le immagini di videosorveglianza del centro sportivo, etc) sarebbero soltanto “coincidenze”. Il film, dunque, non parlerebbe né di lui, né di quanto realmente accaduto alla vittima, ma riprodurrebbe semplicemente la tesi proposta dagli inquirenti. Questo stando alle parole dei suoi legali sulle pagine de Il Gazzettino.