Domani, 17 maggio, Giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, coincide con il trentesimo anniversario “del giorno in cui l’omosessualità fu tolta dall’elenco delle malattie mentali dell’Oms”.
Lo ha detto Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, che, per la ricorrenza, ha presentato dei dati sull’odio nei confronti delle persone lgbti ripercorrendo le vicende riportate dai mass media, cioè in qualche modo denunciate, rese pubbliche e definite tali da chi ne riportava il racconto.
“In questi trent’anni – ha detto – guardandoci intorno, abbiamo potuto misurare l’avanzamento culturale con cui ogni Paese ha capitalizzato questa conquista, comprendendo che i diversi orientamenti e le diverse identità di genere non sono malattie, e stigmatizzando chi le considera tali, perché minaccia il benessere, se non addirittura l’incolumità, di una parte della società. Le persone lgbti in Italia sono esposte a una condizione di vulnerabilità: è un fatto che non ha più bisogno di dimostrazioni, ma che vogliamo anche quest’anno approfondire”.
Arcigay ha infatti censito dai giornali 134 storie di omotransfobia, più altre quattro in realtà avvenute prima di un anno fa ma che solo dopo, in fase giudiziaria, hanno messo in luce il movente. Un totale di 138 episodi, dei quali 74 avvenuti nel Nord Italia, 30 al Centro, 21 al Sud e 13 nelle Isole.
Trentadue vicende hanno a che fare con vere e proprie aggressioni, 13 sono adescamenti a scopo di rapina, ricatto o estorsione, 9 sono violenze familiari, 31 sono discriminazioni o insulti in luoghi pubblici, come bar o ristoranti, 17 sono scritte infamanti su muri, auto, abitazioni, 25 sono episodi di hate speech e di incitazione all’odio, online e offline, scatenati da esponenti politici, gruppi, movimenti.
“Maglia nera al Nord – ha detto Piazzoni – , dove hanno avuto luogo più della metà delle storie censite e dove in effetti, in particolare in alcune città, abbiamo la sensazione concreta di un rafforzamento dell’istanza omotransfobica, spesso legittimata e reiterata anche dalle istituzioni. Ed è al Nord, infatti, che più di frequente perfino la politica attinge al linguaggio della violenza e dell’istigazione nei confronti delle persone lgbti”.
“Sempre nel Nord si concentra uno dei fenomeni più preoccupanti: gay maschi, spesso anziani, contattati da ragazzi giovani, di solito via chat, e poi da loro rapinati o ricattati. E al Nord si è verificata la metà delle aggressioni (16 su 32) dei passati dodici mesi, avvenute quasi tutte per strada. Infine: guardiamo sempre con preoccupazione alle violenze familiari, presenti al Nord, come al Centro o al Sud, che quasi sempre restano nascoste ai media, ma che sono un fenomeno sempre presente e che registriamo quotidianamente attraverso le nostre reti associative, fenomeno che si è esasperato dopo le settimane di lockdown”.

