Viene chiamata “tassa etica” e potrebbe costare molto a chi lavora e fattura con Onlyfans. Si tratta della Pornotax, introdotta nel 2005, e prevede un prelievo aggiuntivo del 25% sui ricavi dalla produzione di materiale pornografico. Questa potrebbe essere pagata anche dai content creator che guadagnano con la piattaforma. A inizio ottobre, ricordiamo, che a Trieste quattro volti noti della piattaforma sono stati denunciati per non aver dichiarato somme per oltre 240.000 euro.
La risposta dell’Agenzia delle entrate
Lo scorso 4 novembre l’Agenzia delle entrate ha risposto a un interpello – cioè una richiesta formale di interpretazione – della tech company Fiscozen, che chiedeva chiarimenti sull’applicazione al forfettario della “tassa etica” e sui criteri di calcolo.
L’Agenzia diretta da Vincenzo Carbone ha stabilito che si valuterà caso per caso se un contribuente dovrà pagare o meno. “Se esercitano attività rientranti tra quelle individuate dalla disciplina (articolo 1, comma 466, legge n. 266/2005), come la produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico o di incitamento alla violenza, anche i contribuenti in regime forfettario versano la ‘tassa etica’”, ha chiarito l’Agenzia delle entrate.
Anche questi contribuenti “sono tenuti al versamento del tributo, in quanto non espressamente esclusi dalla normativa vigente”.
L’Agenzia delle entrate, inoltre, ha chiarito che il forfettario è un regime fiscale agevolato e nonostante preveda un’imposta sostitutiva, questa non esclude l’applicazione della “tassa etica”, visto che non rientra tra quelle sostituite dal regime agevolato che prevede per le partite Iva una tassazione del 15 per cento (o 5 per cento per i primi cinque anni di attività).
Il dubbio su cosa sia pornografico o meno
Un aspetto che non è stato spiegato nel documento è che cosa sia o meno pornografico. E alcuni operatori si interrogano ad esempio se pubblicare su Onlyfans le foto dei propri piedi possa rientrare “nella fattispecie” e comportare il pagamento della tassa. Non è chiaro chi dovrà rispondere a questa domanda e appare improbabile che la stessa amministrazione finanziaria impieghi funzionari per questo scopo.
La “Pornotax”
La “tassa etica” è stata introdotta dalla legge 266 del 2005, cioè la finanziaria del 2006 varata dal terzo governo Berlusconi.
Si tratta di un’addizionale del 25 per cento applicata ai redditi derivanti dalla produzione, distribuzione, vendita o rappresentazione di materiale pornografico o violento. La tassa viene pagata da liberi professionisti, titolari di impresa, artisti e società che operano nel settore.
Nata nel 2002 da un’idea del deputato di Forza Italia Vittorio Emanuele Falsitta la “Pornotax” non ha avuto vita semplice. Lo stesso Falsitta, giovane avvocato tributarista di Milano e allora relatore della delega fiscale del governo Berlusconi, la ritirò improvvisamente dopo aver presentato una proposta per la manovra. Ma la storia della “tassa etica” non finì lì: “La reintrodurrò certamente anche perché è condivisa da un pubblico veramente esteso”, aveva spiegato all’epoca Falsitta.
Alla fine venne ritirata fuori in Parlamento dalla relatrice della finanziaria 2006 e deputata di Alleanza nazionale Daniela Santanchè, oggi ministra del Turismo nel governo Meloni.
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