Il 21 settembre, all’Onu il numero dei Paesi che riconoscono lo Stato di Palestina è arrivato a 151 su 193. Molti lo avevano già fatto e negli ultimi due anni almeno tredici se ne sono aggiunti.
Tale notizia ha suscitato l’ira di Netanyahu, che sta perseguendo l’obiettivo opposto: annettere al territorio israeliano la Striscia di Gaza.
Abbiamo sempre sostenuto il principio emerso dagli accordi di Camp David (1978) e di Oslo (1993) e cioè: “Due Popoli, due Stati”. Ma da allora sono passati decenni e la situazione non si è evoluta in meglio, bensì in peggio. Ciò è accaduto, da un lato, perché è stato eletto Benjamin Netanyahu, leader di destra e ora “dittatore” di Israele, e, dall’altro, perché Hamas ha di fatto tenuto sotto un pugno di ferro tutta la popolazione di Gaza, muovendo molti attacchi contro Israele, l’ultimo dei quali (7 ottobre 2023) ha scatenato la reazione furibonda e spropositata del Governo israeliano.
La distruzione sistematica di Gaza non è tesa a demolire immobili di varia altezza, ma a distruggere tutta la rete di cunicoli che i terroristi hanno costruito in questi decenni per continuare la loro opera contro Israele.
Da questo punto si manifesta come siano inefficaci le intenzioni dei governi che hanno riconosciuto il cosiddetto Stato palestinese, cui ora si sono accodati altri Stati europei oltre a quelli che già avevano aderito (ma non l’Italia).
Tutte queste azioni sono puramente simboliche non avendo alcun riflesso concreto, in quanto chi governa l’Onu è il Consiglio di Sicurezza, che comprende cinque Stati-membri permanenti: Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti.
Ciascuno di essi ha il cosiddetto diritto di veto, quindi basta un solo no per impedire l’azione del “Palazzo di vetro”. Confermiamo che uno solo dei componenti del predetto Consiglio dispone di un potere superiore a quello di tutti i Paesi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni unite.
Allora a che serve spendere tutti questi soldi per tenere una realtà inutile? A questo riguardo bisogna ricordare che moltissimi degli Stati aderenti non pagano da decenni la loro quota d’adesione all’Onu senza alcuna ripercussione e questa è una grave carenza perché tale organizzazione costa.
La questione dello Stato palestinese è attualmente declinata moltissimo perché l’azione di Israele sembra irreversibile e siccome lo Stato ebraico è totalmente puntellato dall’Amministrazione Trump, che finanzia armamenti e mezzi, non si vede all’orizzonte chi possa invertire la rotta.
Di fatto, tutta la Striscia sta per essere annessa, anche perché, prima o dopo, bisognerà trovare una soluzione umanitaria ai due milioni di abitanti che vagano da un punto all’altro senza meta, senza ricoveri, senza cibo, senza medicine: insomma, in condizioni disumane.
La situazione è molto grave, appunto, sotto il profilo umanitario, ma non si vede la fine di questa esecuzione di massa perché all’orizzonte non vi è alcuno che possa fermare l’azione di Israele-Usa. Per cui bisognerebbe augurarsi che essa si concluda al più presto, per tentare di dare un embrione di riassetto a tutta la Striscia e alla sua disgraziata popolazione.
Ormai i nemici atavici di Israele sembrano rassegnati, a cominciare dall’Iran, che ha subito la distruzione delle sue centrali atomiche praticamente senza batter ciglio. Ma anche gli Hezbollah del Libano sono stati tacitati; gli abitanti della Cisgiordania sono stati sloggiati, gli altri nemici di Siria, Yemen, e via elencando, di fatto non possono muovere più un dito.
La nuova realtà di tutto quel territorio è che Israele dominerà e si espanderà economicamente per dare sfogo alle sue industrie e alle sue attività senza più l’assillo di tanti nemici che prima lo circondavano.
Non sappiamo se quanto scriviamo si verificherà, ma con senso di concretezza stiamo descrivendo uno scenario futuro possibile, in attesa che qualcun altro ne descriva uno diverso e che i fatti portino a una conclusione di questo dramma, di cui si riscontrano pochi precedenti nella storia. Quest’ultima dimostrerà l’esattezza o l’inesattezza di tali previsioni.

