Secondo il comunicato della guardia di finanza di Venezia, i duemila lavoratori sono per lo più bengalesi e dell’Europa dell’Est
L’accusa è di caporalato e sfruttamento, per lo più di lavoratori del Bangladesh, all’interno dei cantieri navali di cinque regioni italiane (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche) Sicilia compresa. A scoperchiare il vaso di Pandora è stata l’assidua attività investigativa della guardia di finanza di Venezia che, nei vari appalti, ha scoperto quasi 2 mila lavoratori irregolari. Indagati 13 ex dipendenti della Fincantieri di Marghera e i titolari di un’altra dozzina di società. Il processo, alle fasi preliminari, vede la stessa Fincantieri parte lesa e parte civile nel dibattimento per l’infedeltà dei suoi dipendenti.
Paga inferiore ai 7 euro
Le ditte dell’appalto e del subappalto in cui sono emerse le irregolarità fiscali sono le stesse già finite nell’indagine penale: sono gestite da connazionali (albanesi, del Bangladesh, dei Balcani) degli stessi operai sfruttati e sottopagati. Gli operai più sfruttati, un gruppo di 383 sui quasi 2 mila individuati, cedevano al ricatto del contratto irregolare perché avevano l’impellente necessità di poter rinnovare i permessi di soggiorno nel nostro Paese. Avrebbero percepito una paga oraria inferiore ai 7 euro.
Privati dei più elementari diritti
Secondo il comunicato della guardia di finanza, i duemila lavoratori, per lo più bengalesi e dell’Europa dell’Est, erano retribuiti con paghe irregolari e spesso privati dei più elementari diritti sanciti dai contratti collettivi. È quanto emerge dai documenti trovati presso le sedi delle società affidatarie dei lavori di carpenteria meccanica. La forza lavoro era impegnata in diversi cantieri navali dislocati su tutta la Penisola.
Buste paghe fittizie
Sarebbe stato accertato il sistematico ricorso, da parte delle imprese appaltatrici, al meccanismo della «paga globale», in virtù del quale il lavoratore veniva retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto collettivo nazionale di settore, con una paga oraria forfettaria, parametrata esclusivamente alle ore lavorate. Tale paga lorda veniva riconosciuta a fronte della predisposizione di una busta paga fittizia, recante l’indicazione di voci artificiose – quali «anticipo stipendio», «indennità di buono pasto», «c.d. bonus 80 euro», «indennità di trasferta» e «anticipazione Tfr», di fatto mai erogate al lavoratore dipendente e preordinate a sottrarre a ritenuta fiscale, previdenziale e assistenziale gli emolumenti corrisposti.
Quasi 2.000 lavoratori irregolari
L’esame delle buste paga avrebbe permesso di scoprire come numerosi dipendenti delle società affidatarie dei lavori sarebbero stati remunerati con una paga globale oraria inferiore a quella prevista dai contratti nazionali di categoria o senza percepire altre utilità formalmente riportate in busta paga o, ancora, tramite elargizioni fuori busta. Il tutto avrebbe permesso di rilevare la posizione di 1.951 lavoratori irregolari, che avrebbero complessivamente percepito un flusso reddituale pari a 6 milioni di euro non sottoposto a imposizione né contribuzione.