Operazione Arpagone, usura tra Acireale e Catania: 4 arresti NOMI

L’usura era un “affare di famiglia” e l’incubo delle vittime: 4 arresti – NOMI e VIDEO

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L’usura era un “affare di famiglia” e l’incubo delle vittime: 4 arresti – NOMI e VIDEO

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martedì 07 Febbraio 2023

Le testimonianze delle vittime degli usurai del Catanese e gli "insegnamenti" alla figlia per continuare l'attività di famiglia: ecco i dettagli dell'operazione Arpagone.

Quattro nuove ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania nell’ambito dell’operazione Arpagone.

Gli arrestati sono indagati in quanto gravemente indiziati, allo stato degli atti e in relazione a una fase processuale che non ha ancora consentito l’intervento delle difese, a diverso titolo, della commissione dei reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di usura e abusivismo finanziario.

Operazione Arpagone, i nomi degli arrestati

I destinatari dell’ordinanza, arrestati con ordinanza di custodia cautelare in carcere, sono:

  • Rosario Fichera;
  • Maria Concetta Torrisi;
  • Caterina Fichera;
  • Mario Patanè.

Le accuse a carico degli indagati sono di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di usura e abusivismo finanziario.

Usura e abusivismo, le indagini

Le indagini eseguite dal commissariato di Pubblica Sicurezza di Acireale, durate circa 6 mesi, dal dicembre 2021 al giugno 2022, hanno preso avvio da alcune notizie, apprese dal personale della Polizia di Stato, da alcune vittime allo stremo, non più nella possibilità di corrispondere gli esosi interessi richiesti dai loro usurai. In esito agli approfondimenti investigativi effettuati dalla Polstato di Acireale, su direttive della Procura della Repubblica di Catania, fin da subito, è emersa l’esistenza di una ben organizzata
attività di usura tesa a conseguire profitti prestando soldi a soggetti in gravi difficoltà economiche richiedendo interessi a tassi proibitivi.

I tassi proibitivi, le testimonianze

Normalmente, gli indagati nell’ambito dell’operazione Arpagone richiedevano alle loro vittime la corresponsione di interessi fra il 10 e il 40% mensili, da ricalcolare e parametrare a interessi annui iperbolici. Uno dei casi più significativi ha riguardato un operaio industriale al quale per un prestito di 1.000 euro sono stati richiesti 300 euro mensili di solo interesse (30% mensile – 360% annuale); mentre, alla medesima vittima, per un prestito di 300 euro, sono stati richiesti 100 euro settimanali di solo interesse, stabilendo un tasso usurario ben al di fuori da qualsiasi legale parametrazione (33% settimanale – 132% mensile – 1584% annuo).

Gli usurati per estinguere il debito – operazione dagli indagati intesa con il termine “rientro” – avrebbero, infatti, dovuto restituire, in un’unica soluzione, l’intera somma ricevuta in prestito più il 10% della stessa, quale ultimo interesse da corrispondere. Una seconda modalità per accedere al “rientro” ed estinguere il debito era quella di corrispondere, oltre all’ineludibile rata periodica degli interessi, un’altra rata di importo maggiore fino a raggiungere la somma capitale avuta in prestito più il 10% per l’ultimo interesse dovuto.

Nel corso delle indagini di natura tecnica, svolte tramite intercettazioni telefoniche, ambientali e videosorveglianza, è emerso un quadro adeguatamente suffragato sotto il profilo indiziario, di un gruppo di persone stabilmente dedito all’usura con ruoli definiti, meccanismi collaudati e priva di qualsivoglia scrupolo nell’esigere dalle proprie vittime.

Operazione Arpagone, le intercettazioni

Posto che l’attività d’indagine, per come congegnata, ha permesso d’individuare le numerose vittime e i tassi d’interesse applicati, rilevano, in particolare, due intercettazioni che costituiscono i cardini dell’indagine.

La prima intercorsa fra Maria Concetta Torrisi e la figlia Caterina, nel corso della quale la madre, fuori sede, raccomanda alla giovane alcuni incassi da fare, commentando cifre e nominativi riportati su un calendario da considerarsi un vero e proprio scadenzario. La seconda, dall’alto valore significativo, in cui i coniugi spiegano alla figlia sedicenne, con dovizia di particolari, come funziona l’usura, rimanendo spiazzati di fronte alla sorpresa della giovane che non riesce a comprendere come mai, nonostante il debitore, nel tempo, abbia versato cifre enormi, anche 3 – 4 volte i soldi ricevuti, non abbia, comunque, estinto il prestito ricevuto, ancora interamente preteso.

La conclusione che traggono i due coniugi, quasi delusi, è che la figlia non potrà dedicarsi “all’attività di famiglia”; si consideri, infatti, che anche i genitori di Fichera, oggi defunti, esercitavano
l’illecita attività di usurai, tant’è che nel 2013 le due generazioni dei Fichera sono state tratte in arresto nell’ambito dell’operazione “Affari di Famiglia”, in quanto responsabili di associazione per delinquere finalizzata all’usura.

Nel corso delle indagini , è emerso anche come , nonostante l’ingente disponibilità di denaro, Rosario Fichera percepirebbe indebitamente il reddito di cittadinanza. Per quanto attiene alla fase esecutiva, dopo gli adempimenti di rito, Rosario Fichera e Maria Concetta Torrisi, destinatari di misura cautelare in carcere, sono stati associati presso la Casa Circondariale Piazza Lanza di Catania. Caterina Fichera è stata condotta alla propria abitazione, ristretta in regime di arresti domiciliari; Mario Patanè, infine, ha ricevuto il provvedimento restrittivo della custodia in carcere, dove lo stesso si trova attualmente recluso per pregresse e distinte vicende.

L’operazione in parola è stata convenzionalmente denominata “Operazione Arpagone”.

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