Dalla Colombia alla Sicilia per un "lavoro" da prostitute: al centro dell'indagine due donne.
Il 9 aprile 2024, dopo le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica etnea, i carabinieri della compagnia di Caltagirone, con il supporto delle compagnie di Agrigento, Catania, Milazzo e Patti, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 9 persone, accusate dei reati di associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione nell’ambito dell’operazione denominata “Mi Amor”.
Degli indagati, due finiranno in carcere, due ai domiciliari, 5 all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, di cui 3 anche destinatari di divieto di dimora nel Comune di Caltagirone. Contestualmente, è stata eseguita la misura cautelare reale del sequestro preventivo di due beni immobili situati nel centro di Caltagirone, adibiti a vere e proprie “case di prostituzione”.
Operazione Mi Amor, case di prostituzione a Caltagirone
L’operazione “Mi Amor” – l’appellativo con cui le vittime chiamavano i clienti -, condotta nel periodo compreso tra giugno e dicembre 2021 dai Carabinieri della Sezione Operativa del NORM di Caltagirone, sia mediante attività tecniche, sia attraverso i tradizionali approcci investigativi come gli appiattamenti e i pedinamenti degli indagati, avrebbe permesso di acquisire gravi e concordanti elementi indiziari in ordine a un’organizzazione criminale dedita al reclutamento di donne provenienti dal Sud-America – per lo più dalla Colombia – , di età compresa tra i 25 e i 40 anni circa, indotte alla prostituzione.
In particolare, in esito all’attività investigativa, sarebbero state ricostruite le modalità organizzative con cui gli indagati avrebbero curato a 360 gradi tutti gli aspetti funzionali allo svolgimento dell’attività di prostituzione, dal supporto di carattere logistico, al marketing sui siti online.
Come funzionava il “giro”
A capo dell’associazione due donne provenienti dalla Colombia, dedite anche loro al meretricio, che avrebbero fatto giungere le prostitute all’aeroporto di Catania, dove altri co-indagati si sarebbero occupati di prelevarle e condurle nelle due abitazioni site nel centro abitato di Caltagirone, due vere e proprie “case d’appuntamento” messe a disposizione dai proprietari – ulteriori indagati e concorrenti nei reati allo stato contestati, perfettamente consapevoli della destinazione di detti locali – tant’è che oltre a tollerare il continuo andirivieni dei clienti, si sarebbero anche preoccupati di garantire la biancheria pulita a ogni arrivo di nuova ragazza.
Qui le vittime, secondo un rodato sistema di rotazione, sarebbero rimaste solamente una settimana, spostandosi poi, solitamente il lunedì, verso altri Comuni siciliani tra cui Messina, Trapani, Palermo e Agrigento, sia per garantire alla clientela un frequente turn-over, che per evitare le attenzioni delle forze dell’ordine.
Durante la loro permanenza nel Calatino, le due organizzatrici, avvalendosi della collaborazione degli altri partecipi all’associazione, sempre per favorire e agevolare lo sfruttamento della prostituzione, avrebbero poi gestito tutte le quotidiane e basilari necessità delle loro prostitute, accompagnandole in esercizi commerciali o agenzie di spedizioni ed effettuando loro ricariche telefoniche e pagamento di bollette, il tutto dietro compenso. Oltre al pagamento di tali servizi, le donne avviate al meretricio sarebbero state costrette sia a cedere parte dei ricavi derivanti dall’attività lavorativa, che a versare giornalmente all’organizzazione una quota, che si attestava tra i 50 e i 100 euro e che sarebbe servita anche da “canone” per l’alloggiamento nei predetti appartamenti.
I provvedimenti
Le due straniere infatti, oggi ristrette in carcere a seguito della misura cautelare appena eseguita nell’ambito dell’operazione Mi Amor, avrebbe trattenuto il denaro derivante dalla prostituzione delle vittime, in parte per sé, in parte per l’organizzazione, denominata da tutti gli indagati e dalle vittime “cadena”, ottenendo dunque illeciti guadagni dallo sfruttamento dell’altrui meretricio.
Le indagini, condotte in un lasso temporale di circa 7 mesi, avrebbero consentito di accertare un grande flusso di clientela, a riprova dell’ampia conoscenza, nella città di Caltagirone, della presenza delle due “case di appuntamenti”. Da quanto accertato, infatti, numerosi gli annunci online, pubblicati su svariati siti web di incontri, riguardanti le ragazze che giungevano a Caltagirone, il cui inserimento era curato dalle due colombiane a capo del gruppo criminale.
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In conclusione, al termine dell’odierna esecuzione dell’ordinanza, che ha comportato un articolato intervento dei carabinieri sull’area di Caltagirone, Catania, Agrigento e in alcuni Comuni messinesi, sono stati sequestrati in via preventiva i due immobili dove si svolgeva l’illecita attività di meretricio ed è stata condotta in carcere una delle due donne indagate. Due uomini di Caltagirone sono invece stati collocati agli arresti domiciliari, mentre sono stati sottoposti alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria 5 soggetti, di cui due coniugi calatini e 3 residenti in altri Comuni. A questi ultimi tre, inoltre, è stata applicata anche la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Caltagirone. Ancora in corso le ricerche di una delle due indagate a capo dell’organizzazione criminale.