Su delega della Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, i carabinieri di Catania hanno eseguito 14 misure cautelari personali nell’ambito dell’operazione Villascabrosa, che ha permesso di smantellare un’associazione finalizzata al traffico illecito di droga.
Ecco tutti i dettagli del blitz.
I provvedimenti cautelari, richiesti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, sono stati in prima battuta rigettati dal giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale. La pronuncia è stata appellata dalla Procura Distrettuale dinanzi al Tribunale del Riesame di Catania, che ha emesso ordinanze applicative delle misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di undici indagati e di arresti domiciliari nei confronti di altri tre. Le misure sono state eseguite a seguito delle pronunce della Corte di Cassazione che ha respinto i relativi ricorsi nel frattempo proposti.
L’operazione Villascabrosa avrebbe consentito, ferma restando la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva di condanna, di disarticolare un sodalizio criminale che avrebbe gestito una “piazza di spaccio” di droga (cocaina e marijuana) nel quartiere San Cristoforo di Catania, precisamente tra le vie Villascabrosa e via Officina, e che avrebbe costituito un’importante fonte di reddito per una rete criminale radicata nel territorio, contribuendo al degrado sociale e urbano dell’area.
L’operazione Villascabrosa, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dal Nucleo Operativo della compagnia carabinieri di Catania – Piazza Dante dal novembre 2021 al settembre 2022, si sarebbe sviluppata attraverso una qualificata attività di osservazione a distanza con l’ausilio di telecamere, una parallela attività tecnica di intercettazione e numerosi riscontri oggettivi quali arresti, controllo degli acquirenti, sequestri di droga, di denaro e di armi. Queste attività avrebbero permesso di ricostruire il modus operandi della piazza di spaccio e l’organigramma del sodalizio criminale.
Ai vertici dell’associazione criminale vi sarebbero stati i pluripregiudicati Emanuele Napoli e Alessandro Carambia. L’organizzazione, che sarebbe strutturata gerarchicamente, avrebbe visto i due in posizione di comando, con compiti di definizione dei prezzi di vendita, organizzazione dei turni e dei ruoli di ogni membro e gestione della contabilità attraverso una “cassa comune”.
L’associazione criminale avrebbe visto coinvolti anche familiari di Emanuele Napoli. Sua madre, l’ultra settantenne Maria Greco, in particolare, avrebbe custodito la droga in casa per conto del figlio e avrebbe provveduto a rifornirlo su sua richiesta; la moglie, Alessandra Sudano, si sarebbe occupata di indirizzare gli acquirenti e avrebbe gestito parte della contabilità. Tra gli altri familiari coinvolti vi sarebbero stati anche Rosario Sudano, fratello di Alessandra e cognato di Alessandro Carambia; Davide Napoli, fratello di Emanuele, e Antonino Carambia, fratello di Alessandro.
Pur non essendo legati da vincoli di parentela, nell’interesse dell’associazione sgominata dall’operazione Villascabrosa, avrebbero operato costantemente anche i pluripregiudicati Giovambattista Pace, Gaetano Catania, Giacomo Lentini, Domenico Damiano Stabile, Salvatore Michele Molino e Giovanni Licciardello, che avrebbero ricoperto il ruolo di pusher e/o vedetta. Le vedette, oltre a fungere da presidio d’allarme nel caso di intervento delle forze dell’ordine e di accompagnamento degli avventori nei luoghi preposti alla vendita, avrebbero effettuato le cessioni utilizzando metodi ingegnosi, quali l’utilizzo di nascondigli di immediata reperibilità, adottando la tecnica del “lancio” delle dosi dai balconi delle palazzine di via Villascabrosa o prendendo la droga da cesti calati di volta in volta dai piani elevati delle abitazioni, da cui gli spacciatori su strada si sarebbero riforniti.
Il gruppo si sarebbe avvalso, inoltre, di un linguaggio criptico per parlare dello stupefacente, chiamato “caffè” o “cialda piccola/grande”. Il termine “orologio” sarebbe stato invece riferito alle bilance di precisione utilizzate per pesare con cura le droghe. Al riguardo, sono numerosissime le conversazioni intercettate in cui i sodali si sarebbero rivolti all’anziana Maria Greco per richiederle “un caffè” o “una cialda”. Per il rifornimento di marijuana, la richiesta sarebbe stata spesso avanzata telefonicamente anche attraverso la tecnica degli “squilli telefonici senza risposta”.
Le cessioni di marijuana sarebbero avvenute principalmente su pubblica via, mentre quelle di cocaina all’interno dell’abitazione di Napoli o di Maria Greco. Molte cessioni sarebbero state effettuate anche mediante consegna dello stupefacente in luoghi preventivamente concordati con l’acquirente tramite messaggistica e social network. In alcuni casi, le dosi sarebbero state consegnate anche alla presenza di bambini tenuti dagli indagati in braccio o per mano.
Il volume d’affari stimato avrebbe superato i 4.000 euro al giorno, incassati mediamente attraverso 200 cessioni nell’arco delle 24 ore.
L’indagine, oltre al sequestro di importanti quantitativi di marijuana e cocaina, avrebbe anche consentito il sequestro di una pistola a tamburo con matricola abrasa, pronta all’uso e a disposizione del sodalizio all’interno della piazza di spaccio. Con l’esecuzione delle ordinanze è stato inferto l’ennesimo colpo alla criminalità organizzata, che da sempre trae dalle fiorenti piazze di spaccio un costante e significativo finanziamento delle casse delle consorterie criminali.
Con l’operazione Villascabrosa sono finiti in carcere:
Ai domiciliari:
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