“Opzione donna 2023”, prorogata dal governo Meloni manovra notevolmente ristretta e non per tutte - QdS

“Opzione donna 2023”, prorogata dal governo Meloni manovra notevolmente ristretta e non per tutte

redazione

“Opzione donna 2023”, prorogata dal governo Meloni manovra notevolmente ristretta e non per tutte

venerdì 02 Dicembre 2022

Caro Direttore,

Il testo per la pensione “Opzione Donna” è stato prorogato con notevoli modifiche dal Consiglio dei Ministri con la legge di bilancio 2023.

Tale pensione anticipata ha origine remota: è stata approvata nel 2004 dal II Governo Berlusconi, nella riforma pensionistica Maroni, era nata come strumento temporaneo e sperimentale, ma che per la sua utilità è stata poi annualmente prorogata fino alla Legge di Bilancio 2022. Dopo l’iniziale modifica, che legava l’età di accesso al numero di figli, la successiva frenata di tornare alla versione originaria, il testo finale rimodulato risulta molto ristretto e severo con forte riduzione rispetto a quello attuale, con un innalzamento dell’età a 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni e con almeno 35 anni di contributi.

L’uscita risulta non solo vincolata al numero dei figli, ma riservata esclusivamente a tre categorie di donne:
1) caregiver che assistono coniuge o un parente con handicap;
2) con invalidità o uguale al 74%
3) licenziate o dipendenti da aziende in crisi per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi, in quest’ultima ipotesi l’accesso con 58 anni di età.

Le scelte effettuate dal Governo Meloni sono state oggetto di polemiche e di critiche anche da parte dei Giuristi, anche in merito alla costituzionalità e che hanno evidenziato una distinzione alquanto “discriminatoria e penalizzante” vincolata anche al numero dei figli. È certo che quando una donna va in pensione a 58, a 59 o a 60 anni, i figli dovrebbero essere già abbastanza grandi e non più adolescenti e bisognosi delle cure della madri. La norma finirebbe per discriminare e penalizzare la donne che per ragioni diverse non hanno messo al mondo i figli o per l’impossibilità di concepirli.

Questo testo potrebbe sollevare rilievi di costituzionalità, molto marcati, in violazione al principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 della Costituzione, “ tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali”. Tale doppio paletto introdotto nel testo definitivo limita notevolmente la platea dei beneficiari riducendo in modo drammatico lo stanziamento delle risorse destinate a questa riforma per una spesa di 20,8 milioni contro i 110 dell’attuale versione. Va tenuto conto, altresì, che tale anticipazione pensionistica grava notevolmente nei confronti delle donne beneficiarie il tipo di calcolo è necessariamente contributivo, comportando una penalizzazione dell’assegno mensile che può variare dal 25 al 35% circa dell’importo complessivo della pensione.

La manovra è approdata con testo definitivo al parlamento il 28/11/2022 per l’esame e le modifiche da parte delle Commissioni parlamentari, e comunque deve essere approvata dal Parlamento entro il mese di dicembre 2022, si potrà intervenire per la copertura e per un’opportuna ed adeguata modifica, non è comprensibile e giustificabile tornare indietro, considerato che tale anticipazione pensionistica è stata già introdotta per le donne lavoratrici dal lontano 2004 e da allora è stata annualmente prorogata con legge finanziaria fino all’ultima finanziaria del 2022.

Avv. Antonino Di Giacomo
Corresponsabile della sezione locale Unc di Modica (RG)

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