Virus, due errori iniziali del Governo - QdS

Virus, due errori iniziali del Governo

Carlo Alberto Tregua

Virus, due errori iniziali del Governo

sabato 04 Aprile 2020

Con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio è stato dichiarato, per sei mesi dalla data del seguente provvedimento, lo stato di emergenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, quindi fino al 31 luglio 2020.
La prima norma intervenuta sulla materia è stato il Decreto legge numero 6 del 23 febbraio, che però è stato abrogato dal Decreto legge numero 9 del 25 marzo.
La domanda è: come mai il Governo di fronte a uno stato di emergenza prende provvedimenti di legge solo ventidue giorni dopo? Delle due l’una: o c’era l’emergenza e quindi il Dl doveva essere approvato dopo tre o quattro giorni, oppure l’emergenza non c’era o è stata sottovalutata, per cui l’Esecutivo si è preso un lasso di tempo molto ampio.
Il secondo errore che ha commesso il Governo riguarda la sottovalutazione dell’esplosione del virus in Lombardia e nelle quattordici province a corona dalla stessa, con la conseguenza che non è stato messo in atto un insuperabile cordone sanitario.

Non avere recintato Lombardia più quattordici province immediatamente, ha permesso a decine di migliaia di persone di andare via da quei territori e, involontariamente, portare il virus in tutto il resto del Paese.
Se il Governo avesse agito con tempestività, sia decretando subito le misure di contenimento, sia impedendo l’entrata e l’uscita a qualunque persona dal cuore del focolaio del virus, con probabilità il resto dell’Italia non sarebbe stato infettato.
Comprendiamo benissimo l’importanza del territorio padano, sia dal punto di vista economico che da quello sociale, traino di tutto il Paese, per la grande forza e capacità di un sistema imprenditoriale formidabile che può considerarsi un vanto nazionale.
Ciò non toglie che quando c’è emergenza non si può guardare in faccia nessuno. Così ha fatto la Cina quando ha isolato la provincia di Wuhan, non consentendo a nessuno dei sessanta milioni di abitanti, quanti gli italiani, di entrare o uscire dalla zona rossa.
Ma i governanti italiani non sono quelli cinesi e il sistema democratico nostrano non è quello tassativo del Paese asiatico.
In ogni caso, dalla Toscana in giù, il virus non ha fatto i danni rilevanti che invece vi sono stati in Lombardia più quattordici, ed ecco perché ci risulta illogico che i provvedimenti di restrizione delle attività economiche e produttive siano della stessa intensità sia per quella regione che per altre.
Proporzionalità e ragionevolezza avrebbero dovuto indurre il Governo ad adattare le misure, come farebbe un sarto per i vestiti, alle effettive realtà delle diverse Regioni, ovvero di mandare a queste ultime la regolamentazione delle misure, in applicazione della Costituzione e delle leggi in vigore.
Che poi i presidenti delle Regioni, come quelli del Friuli, della Campania e della Sicilia, abbiano ritenuto di andare oltre le loro competenze stabilendo regimi restrittivi che debordano le norme statali in vigore, denota la mancanza della capacità di valutare il punto di equilibrio tra la necessità di contenere l’epidemia e quella di non soffocare economicamente e socialmente i loro territori .

L’articolo 120 della Costituzione, secondo capoverso, recita che il Governo può sostituirsi ad organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Provincie e dei Comuni, nel caso di (…) pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica (…).
Il Decreto legge numero 19 del 25 marzo, fra le misure urgenti, limita la circolazione delle persone, di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute e altre specifiche ragioni, non individuate (art. 1, comma 2, lettera a).
L’articolo 3 comma 1 aggiunge che (…) in relazione a specifiche situazioni avvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive (…).
In Sicilia, il contagio è in decrescita, non si sono verificate situazioni di aggravamento del rischio e per tanto il presidente della Regione non può introdurre ulteriori misure restrittive. Conseguenza di quanto precede è che l’ordinanza del presidente della Regione numero 13 dell’1/4/2020 non ha valore legale, non potendo superare la legge nazionale.

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