L’intervista del QdS al presidente Rino La Mendola sulla provincia di Agrigento che sta per entrare ufficialmente nell’anno della Capitale della Cultura. Lo stato dell’arte anche sulle opere incompiute
AGRIGENTO – Mancano pochi mesi alla fine dell’anno e Agrigento entra ufficialmente nell’anno di Capitale della Cultura 2025. La macchina organizzativa è già in moto per preparare eventi che mostrino a tutta l’Italia le bellezze archeologiche di questa terra. Non solo Agrigento, ma tutta la provincia, i 43 Comuni, saranno i protagonisti, ognuno con la sua storia e con le sue origini. Ma se da un lato sono tante le bellezze da ammirare, ci sono tante opere incompiute, per esempio il Parco Icori o dell’Addolorata, un parco all’aperto che si affaccia sul mare, più volte inaugurato ma mai stato fruibile; per non parlare dell’anfiteatro, che potrebbe ospitare dei concerti all’aperto, delle rappresentazioni teatrali, e invece versa in precarie condizioni a causa dell’incuria e del non uso. Le amministrazioni cambiano ma le sorti del Parco Icori no.
“Il Parco dell’Addolorata è la solita incompiuta, figlia di vecchie politiche di gestione del territorio che puntavano alla realizzazione di grosse opere pubbliche senza curarne il rapporto con l’intorno urbano – ha dichiarato Rino La Mendola, presidente Ordine architetti Agrigento -. Oggi, in realtà, questa incompiuta potrebbe essere recuperata come una zona polivalente da destinare ad attività ludiche, sportive e culturali e soprattutto potrebbe essere rilanciata come elemento di connessione paesaggistica tra il centro storico e la valle dei templi. Ma solo a condizione che contestualmente venga riqualificata la zona dell’Addolorata come Porta occidentale del centro storico che, in collegamento con la Porta orientale (che sarebbe Porta di Ponte), potrebbe proporre via Atenea e via Garibaldi quale asse urbano attorno al quale promuovere il ripopolamento, la riqualificazione e la rigenerazione del centro storico, quale cuore pulsante della città”.
Ma per rilanciare il territorio e accogliere ancora più turisti, oltre al Ponte sullo stretto, serve anche una rete stradale più efficiente, più scorrevole, con meno semafori, e con meno buche; si dovrebbe completare per esempio la Palermo-Agrigento, ma c’è anche bisogno di una rete ferroviaria più veloce.
Le infrastrutture
“Ferma restando la necessità che lo Stato adotti le misure necessarie – ha dichiarato in merito La Mendola – per superare l’atavica lentezza dei cantieri sulle strade statali sul territorio regionale, non vorremmo alimentare di certo la politica del ‘benaltrismo’, nella consapevolezza che il nostro territorio abbia bisogno di un pacchetto di interventi finalizzati a superare il grave gap infrastrutturale che, da troppo tempo, tarpa le ali alla nostra economia. Quindi ben venga il Ponte sullo Stretto, che riteniamo un proficuo grimaldello per richiamare nuovi investimenti per le altre infrastrutture siciliane (alta velocità ferroviaria, potenziamento porti, anello autostradale, ecc.). Siamo infatti convinti che, in Sicilia, non si realizzerà mai l’alta velocità su strada ferrata se poi i treni dovranno arrestare la propria corsa per traghettare. Lo stesso ragionamento si potrebbe fare per il sistema stradale su gomma. Tutto ciò finisce per depotenziare anche i porti della costa meridionale della Sicilia, che vengono sistematicamente ignorati dalle grandi imbarcazioni mercantili in transito nel Mediterraneo e dirette ai Paesi del Nord Europa, che preferiscono il giro lungo (attorno alla Penisola Iberica) pur di non rimanere bloccati dal nostro lento sistema stradale/ferroviario. Quindi sì al ponte purché si faccia sul serio, abbandonando le parole al vento e gli sperperi degli ultimi decenni”.
Agrigento ha bisogno di un aeroporto
Ma Agrigento ha bisogno di un aeroporto, opportunità che permetterebbe di aumentare il turismo, ma migliorerebbe anche la vita ai tanti pendolari che lavorano al Nord. L’Ordine degli architetti, unitamente alla rete delle Professioni Tecniche, al Comitato civico per l’aeroporto, ai sindaci e ai parlamentari, sta svolgendo un’attività di stimolo e di supporto, nei confronti delle istituzioni competenti, suggerendo un cronoprogramma per il raggiungimento dell’obiettivo.
“Abbiamo sempre ritenuto necessaria – ha scandito il presidente dell’Ordine – la realizzazione di uno scalo aeroportuale sul territorio agrigentino, al fine di valorizzarne le straordinarie risorse culturali ed ambientali, che garantirebbero la piena sostenibilità dell’infrastruttura: prima fra tutte. La Valle dei Templi, che oramai registra un milione di turisti/anno. Oggi – dice Rino La Mendola – grazie agli stimoli della società civile e all’impegno del Libero consorzio comunale, è stato finalmente redatto un nuovo studio di fattibilità dell’infrastruttura, adesso all’esame dell’Enac, che dovrebbe presto rilasciare il proprio parere (con l’auspicio che sia positivo), consentendo l’inserimento dell’infrastruttura nel Piano nazionale degli Aeroporti e avviando concretamente il processo di realizzazione dello scalo nella Piana di Licata”.
Ma Agrigento fa i conti anche con l’erosione costiera
A San Leone, zona balneare, l’erosione avanza, a rischio c’è la pista ciclabile e la strada che, nonostante alcuni lavori già effettuati, rischiano di crollare.
“Non potendo rimuovere di certo le tante opere antropiche – ha precisato Rino La Mendola – che hanno determinato l’attuale quadro erosivo, le uniche soluzioni oggi praticabili, a mio avviso, sono due, dice il presidente degli architetti. La prima, senza alcuna controindicazione, sarebbe quella di rigenerare le praterie sommerse a Posidonia Oceanica, impedendo così contestualmente la pesca a strascico e lo scarico a mare di acque reflue non depurate, che sono le cause principali della distruzione di queste piattaforme di attenuazione naturale del moto ondoso, che garantivano una riduzione dell’energia del mare sulla costa. La seconda, meno naturalistica e non priva di controindicazioni – ha continuato La Mendola – sarebbe quella del ripascimento artificiale delle spiagge, protetto da brevi pennelli e barriere sommerse parallele alla costa, da realizzare a seguito di approfonditi studi meteomarini, finalizzati ad evitare che tali presìdi, proteggendo dall’erosione marina il tratto di litorale interessato, provochino contestualmente nuovi fenomeni erosivi nei tratti di costa vicini”.