Pa allo sfascio, automatizzare i controlli - QdS

Pa allo sfascio, automatizzare i controlli

Carlo Alberto Tregua

Pa allo sfascio, automatizzare i controlli

venerdì 01 Luglio 2022

Piattaforma con obiettivi e risultati

è opinione comune fra i cittadini che la Pubblica amministrazione centrale e periferica sia in uno stato di decadenza forse irreversibile. La responsabilità primaria è delle istituzioni, in cui sono rappresentati i partiti, incaricate di formare leggi bislacche, scritte in pessimo italiano, con richiami ad altre leggi improponibili. Tutto ciò rende oscuro il volere del legislatore, il quale a valle deve essere interpretato.
Essendo le norme scritte in modo inintelligibile, a valle la burocrazia ha difficoltà obiettive ad applicarle. Essa ha un’ulteriore difficoltà e cioé la propria endemica disorganizzazione. Non ci risulta che nel ministero della Pubblica amministrazione, il cui attuale responsabile è Renato Brunetta, siano previsti studi per redigere un sistema organizzativo moderno ed efficiente che preveda i quattro requisiti di responsabilità, merito, produttività e controllo.

Un progetto organizzativo come quello richiamato non può essere fatto da coloro che poi dovrebbero attuarlo. Il ministro dovrebbe chiamare due o tre fra le più importanti società di consulenza mondiali, esperte nel ramo, per l’elaborazione del Piano organizzativo dei servizi.
Non entriamo nel merito delle questioni tecniche perché poco interessano il lettore, però vogliamo esporre un elemento primario di questa organizzazione. Si tratta di una piattaforma centralizzata a Roma in cui convergono le attività dei singoli dirigenti e dipendenti di qualunque livello, che sono all’incirca 3,2 milioni.
In detta piattaforma dovrebbero essere registrati preventivamente gli obiettivi che ciascuno dei 3,2 milioni di dipendenti debbano raggiungere ogni giorno. Alla fine del turno lavorativo, vi affluirebbero i risultati conseguiti nella giornata e nella casella di ciascun dipendente si accenderebbe una spia di colore verde, giallo o rosso in relazione al rapporto fra obiettivo e risultato.
I dati, elaborati da un algoritmo, potrebbero tornare sui tavoli di chi ha responsabilità con due risultati: il primo riguarda il dirigente, che in questo modo avrebbe il polso dell’efficienza del lavoro che fanno i suoi dipendenti; il secondo darebbe al ministero della Pa la percentuale di raggiungimento degli obiettivi, dipendente per dipendente, area per area, servizio per servizio, dipartimento per dipartimento, sia a livello statale che regionale o comunale.

Con questo sistema si potrebbero stabilire premi di risultato veri e non quelli fasulli che oggi si distribuiscono dirigenti di ogni tipo, rubando letteralmente i soldi dei cittadini: un comportamento indegno.
Perché accade quanto abbiamo appena detto? La spiegazione è semplice. Gli stessi dirigenti si autoassegnano gli obiettivi, perché i ministri e gli assessori non hanno la competenza per poterli determinare, per cui viene meno la loro forza professionale nello stabilire cosa, quando e come ciascuno debba fare.

Qualcuno potrebbe obiettare che tutto ciò non sarebbe necessario se ognuno dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici osservasse con diligenza l’articolo 54 della Costituzione che prevede che ognuno debba svolgere con “disciplina e onore” i propri compiti. Ma, si sa, le persone perbene – che ci sono – non sono tante. Le altre si nascondono e cercano di fare il meno possibile nel modo peggiore possibile, tanto nessuno li sanziona, il loro stipendio, la loro pensione e il loro Tfr sono sempre salvi, qualunque sia il livello di infingardaggine che possano raggiungere.

Nel bailamme generale, che prima il Covid e poi la guerra ucraina hanno creato, emerge in tutta evidenza l’insufficienza che denunciamo da queste colonne da oltre quarant’anni.
Proprio in questi due frangenti, quando vi sarebbe necessità di una Pa efficiente, pronta e funzionante -per esempio come quella francese o tedesca – ci accorgiamo della sua debolezza principale, dovuta al becero clientelismo partitico: l’assenza di competenze. Ciò anche perché Governi e Parlamenti hanno applicato in modo ordinario l’eccezione prevista dall’articolo 97 della Costituzione e cioé che nella Pubblica amministrazione si entra per concorso “salvo i casi stabiliti dalla legge”. E questi casi si sono moltiplicati nel tempo, per cui oggi dirigenti e dipendenti vincitori di consorso sono una quantità minoritaria: un disastro.
Senza competenze la Pubblica amministrazione è inutile, dannosa e mangiasoldi. Bisogna porvi rimedio. Ora, non domani!

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