Home » Palermo, in carcere le sei aguzzine della Casa di riposo degli orrori

Palermo, in carcere le sei aguzzine della Casa di riposo degli orrori

Palermo, in carcere le sei aguzzine della Casa di riposo degli orrori
Un frame delle registrazioni effettuate dalle telecamere nascoste nella casa di riposo

Arrestate le donne che la gestivano con violenze fisiche e psicologiche riprese dalle telecamere. “Se ti muovi ti rompo una gamba”. Indagini su una degente morta e su un’altra che saltò giù dal balcone. Mai adottate le procedure contro il coronavirus

Si dice spesso che le donne sono particolarmente versate nell’accoglienza e nell’accudimento.

Non era così per le sei che gestivano, con vari ruoli, la casa di riposo Aurora di Palermo, una sorta di casa degli orrori nella centralissima via Emerico Amari.

Tutte e sei le donne sono state arrestate, accusate a vario titolo di maltrattamenti ai danni di anziani, bancarotta, riciclaggio e autoriciclaggio.

Sono Maria Cristina Catalano, di 57 anni, amministratrice di fatto dalla casa di riposo, Vincenza Bruno, di 35 anni che coadiuvava l’amministratrice, e le dipendenti Anna Monti di 53 anni, Valeria La Barbera di 28, Rosaria Florio di 42 e Antonina Di Liberto di 55.

Filmati gli “impulsi disumani” delle sei donne

E non a caso: il Gip, nella sua ordinanza, segnala “l’urgenza di interrompere un orrore quotidiano” evidenziando come “l’indole criminale e spietata degli indagati impone l’adozione della custodia cautelare in carcere ritenuta l’unica proporzionata alla gravità e alla immoralità della condotta e l’unica a contenere la disumanità degli impulsi”.

E gli investigatori della Guardia di finanza di Palermo hanno documentato, attraverso telecamere nascoste, questi “impulsi disumani” delle sei donne: decine di episodi con violenze fisiche e psicologiche nei confronti degli ospiti della casa di riposo.

Spintoni, calci e schiaffi accompagnati da insulti e ingiurie.

Maltrattamenti che avrebbero indotto alcuni anziani perfino ad atti di autolesionismo.

“Se ti muovi ti rompo una gamba”

“Se tu ti muovi di qua ti rompo una gamba, cosi la smetti; devi stare zitta, muta; devi morire, buttare veleno…”.

Era un vero e proprio regime di terrore quello instaurato nella casa di riposo Aurora dalla amministratrice Maria Cristina Catalano e da cinque sue dipendenti, tutte finite in carcere. Maltrattamenti e violenze inaudite nei confronti di anziani inermi picchiati con calci, schiaffi, colpi di scopa, perfino legati alle sedie per impedire loro di muoversi.

Un campionario di crudeltà documentato in due mesi dalle immagini delle telecamere piazzate di nascosto dai militari della Guardia di Finanza nell’ospizio lager.

“Uno spaccato deprimente dal punto di vista umano”

“È emerso uno spaccato deprimente da un punto di vista umano prima ancora che giudiziario”, commenta il comandante del Nucleo di polizia economico giudiziaria di Palermo Gianluca Angelini.

Oltre alle violenze fisiche, infatti, i degenti venivano anche insultati e sottoposti a continue mortificazioni psicologiche: “Sei una schifosa, devi dire che fai schifo” viene detto a una anziana che si lamenta.

Insulti accompagnati dalle immancabili percosse fino a costringere la poveretta a ripetere “basta, faccio schifo..” e a schiaffeggiarsi da sola pur di fare cessare quella persecuzione insopportabile.

Indagini sulla morte di un’anziana e su un tentato suicidio

Gli investigatori che indagano sulla casa di riposo degli orrori stanno svolgendo ulteriori accertamenti proprio sulla morte di un’anziana deceduta il 15 marzo scorso.

Un’altra degente avrebbe perfino tentato il suicidio lanciandosi dal balcone pur di sfuggire alle sevizie dei suoi aguzzini.

La donna morta era la suocera del pentito Spatuzza

Era la suocera del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza la donna di 87 anni morta nella casa di riposo Aurora il 15 marzo scorso.

Era stata rianimata dall’amministratrice di fatto Maria Cristina Catalano, 57 anni, come avevano sentito i finanzieri nel corso di un’intercettazione.

“Non lo so Vincenza ti dico che io in altri periodi avrei aspettato che moriva – così diceva – perché già boccheggiava quando fanno gli ultimi tre cosi hai capito io lo ripeto fosse stato un altro periodo non avrei fatto niente l’avrei messa a letto avrei aspettato perché era morta”.

La donna, hanno accertato le indagini dei finanzieri, è morta all’ospedale Villa Sofia dopo qualche ora.

Tutto documentato dalle telecamere

Tutto, come detto, è stato documentato dalle riprese delle telecamere nascoste piazzate dalla Guardia di finanza.

“Non è stato facile nemmeno per noi in queste settimane di indagine – ha sottolineato Angelini – visionare e documentare il campionario ignobile di nefandezze e crudeltà gratuite compiute a danno degli anziani, soprattutto in questa fase emergenziale che richiederebbe una tutela ancora più elevata nei confronti delle fasce di popolazione più deboli e maggiormente esposte a rischio”.

Mai adottate le procedure contro il coronavirus

Tra l’altro è emerso che gli anziani ospiti della casa di riposo Aurora, sottoposti a vessazioni e soprusi che hanno provocato sconcerto tra gli stessi inquirenti, saranno adesso sottoposti anche a controlli medici visto che all’interno della struttura non sono mai state adottate le procedure per il contenimento del coronavirus.

Fallimenti pilotati e bancarotta

Le indagini dei militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria sono state coordinate dalla Procura della repubblica di Palermo.

Contestualmente all’emissione dei provvedimenti di custodia cautelare in carcere, il gip ha disposto il sequestro preventivo della società che gestisce la casa di riposo, al centro di un complesso giro di fallimenti pilotati per un passivo di circa un milione di euro.

Da qui l’accusa di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio.

Per quanto riguarda i reati fallimentari, è stata dimostrata la continuità aziendale di tre società che, a partire dal 1992, avrebbero gestito ininterrottamente la casa di riposo.

La struttura affidata a un amministratore giudiziario

Secondo quanto hanno accertato gli investigatori, Maria Cristina Catalano, indicata come la mente del disegno criminale, poteva contare su alcune “teste di legno” che sarebbero stati formali amministratori e su soggetti compiacenti, tra cui un impiegato comunale, tutti indagati.

La gestione della struttura è stata affidata a un amministratore giudiziario.

Antonina Di Liberto è stata anche denunciata per truffa insieme al compagno, che percepisce il reddito di cittadinanza con false dichiarazioni.