Palermo, Leoluca Orlando e l'amaro calice - QdS

Palermo, Leoluca Orlando e l’amaro calice

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Palermo, Leoluca Orlando e l’amaro calice

Giovanni Pizzo  |
giovedì 31 Marzo 2022

In sostanza siamo di fronte all’Agnus Dei qui tollis peccata mundi, e per questo ha dovuto bere l’amaro calice di diventare un personaggio contraddittorio, pagando uno scotto terribile

Un interessantissima intervista dal punto di vista cristologico e psicanalitico è apparsa ieri su Repubblica.

L’intervistato era il sempiterno sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che alla domanda che riguardava la dichiarazione del candidato Franco Miceli di non essere un Orlando ha così risposto: “La città in nome dell’emergenza mi ha delegato la lotta alla mafia e la riparazione dei rubinetti, assunzione del personale e relazioni internazionali, intransigenza e misericordia, trasformandomi in un personaggio contraddittorio. Nessuno ha pagato più di me; per questo sono insostituibile”.

In sostanza siamo di fronte all’Agnus Dei qui tollis peccata mundi, e per questo ha dovuto bere l’amaro calice di diventare un personaggio contraddittorio, pagando uno scotto terribile. E di cui tutti noi cittadini palermitani siamo responsabili e rei. Di fatto rivendica che la sua dimensione è escatologica e non politica. Pertanto non sono addebitabili a lui fallimenti amministrativi, per quelli contabili non c’è nemmeno di che parlare.

Onestamente noi comuni peccatori di Palermo pensavamo che la lotta alla mafia era delegata a Falcone e Borsellino, a Rocco Chinnici e Boris Giuliano, a Costa e Cassarà. Invece i cittadini palermitani l’avevano delegata a lui insieme ai rubinetti. Non solo ha svolto i compiti del ministero di Grazia e Giustizia, ha supplito per trent’anni anche al ruolo di Ministro degli Esteri scopriamo, oltre ad assumere il personale senza concorsi come normalmente si dovrebbe fare in uno Stato di diritto.

L’ideologia

Ma la missione più ideologica, da buon allievo di Padre Pintacuda, arriva alla fine. Ha preso sulle spalle il ruolo del domenicano Torquemada, amministrando misericordia ed intransigenza nella sua personale Santa Inquisizione. Da pulpito amministrativo, era un professore di diritto degli Enti Locali, si è trasfigurato, come se il monte Pellegrino fosse il Tabor, in un ruolo di Mater Ecclesiae.

Questa esegesi orlandiana ci fa capire quanto fuori dal mondo, oltre che dalle sinapsi, sia finita questa città. Sospesa in una bolla fuori dal tempo e dalla storia che nel frattempo ha percorso il continente europeo. Il giusnaturalista formatosi ad Heidelberg ci ha riportato al medioevo dei graffi sui muri dei prigionieri dello Steri.

È ovvio che chi si allontanerà amministrativamente da questa visione neogotica non sarà sanzionato politicamente. Sarà inseguito da anatemi e condannato al fuoco della Genna.

Dal Sant’Uffizio abbiamo trasmesso.

Così è se vi pare.

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