Raffica di rinunce da parte degli assegnatari di una casa popolare in un immobile sottratto alla criminalità. Le istituzioni locali sono in allerta, mentre la vicenda viene segnalata alla Commissione nazionale Antimafia
PALERMO – La paura, per il momento, sembra aver avuto la meglio sulla necessità di avere un tetto sulla testa. È quanto hanno attraversato negli ultimi giorni ben quattro famiglie in condizioni di difficoltà abitativa, inserite nelle graduatorie del Comune per accedere a un alloggio. Tutti e quattro i nuclei familiari, infatti, hanno rinunciato all’assegnazione di una casa popolare ricavata da un bene confiscato alla mafia.
Secondo le prime ricostruzioni, circolate anche grazie alle denunce dell’assessore comunale alle Politiche sociali per la casa, Fabrizio Ferrandelli, sembrerebbe che alla base della “fuga” dei nuovi residenti ci siano le minacce e gli atti intimidatori dei parenti e dei soggetti vicini al boss. Il culmine, pare, sarebbe stato raggiunto con un tentativo di appiccare il fuoco nella casa in questione tramite il lancio di materiale incendiario.
Una vicenda che non ha mancato di destare preoccupazione tra le istituzioni. Episodi di certo gravi davanti ai quali, però, non bisogna arretrare, secondo l’assessore Ferrandelli, che ha anche annunciato di aver presentato denuncia in Questura. E, nel frattempo, si è destata l’indignazione anche da parte di altri componenti della Giunta comunale.
“La rinuncia da parte di quattro famiglie all’assegnazione di una casa popolare confiscata a un mafioso è un gesto che non può essere sottovalutato – ha dichiarato l’assessore ai Beni confiscati, Brigida Alaimo – e che richiede la massima attenzione da parte di tutti gli organi competenti. Un fatto inaccettabile che mina il lavoro costante e rigoroso delle istituzioni nella lotta contro la mafia e il ripristino della legalità”.
Alaimo ha annunciato l’intenzione di disporre tutti gli approfondimenti necessari per comprendere le ragioni delle ripetute rinunce, e per assicurare che dietro non vi siano pressioni o intimidazioni mafiose. “Ogni passo indietro nella restituzione alla collettività dei beni confiscati – ha aggiunto la componente dell’Esecutivo cittadino – rappresenta un affronto alla giustizia e alla memoria di chi ha sacrificato la propria vita per contrastare la mafia“.
La vicenda, inoltre, è già destinata ad atterrare tra i banchi della Commissione nazionale Antimafia. Di necessità di prevenire un clima “intollerabile” per il riuso dei beni confiscati, hanno parlato i parlamentari Carolina Varchi e Raoul Russo (FdI), quest’ultimo componente della suddetta Commissione. “La nostra lotta contro la mafia e la criminalità organizzata – hanno dichiarato – è un impegno costante e intransigente. Ogni atto di intimidazione e corruzione sarà contrastato con fermezza e determinazione.”
“Siamo in costante contatto con il prefetto di Palermo – hanno aggiunto Varchi e Russo – al quale abbiamo assicurato il nostro massimo sostegno e collaborazione. Questo è un momento cruciale per riaffermare la nostra determinazione nel garantire che ogni bene confiscato sia restituito alla collettività, a riprova che la mafia non avrà mai la meglio sulle istituzioni e sul rispetto delle leggi”.