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Palermo, la strada incompleta da 60 anni: il Tar annulla vincolo all’esproprio. “Non c’è volontà di farla”

Palermo, la strada incompleta da 60 anni: il Tar annulla vincolo all’esproprio. “Non c’è volontà di farla”

Sfogliando le pagine di una relazione di qualche anno fa, custodita negli uffici del Comune di Palermo, è difficile mettere in discussione la volontà di fare della via Pianell qualcosa di funzionale.

Nonostante del nuovo secolo un quarto sia quasi già alle spalle, a Palermo è difficile parlare di urbanistica senza scivolare nel passato e fare riferimento alla speculazione edilizia che, nei decenni dopo il Dopoguerra, stravolse il volto della città.

In pochi anni colate di cemento e pilastri presero il posto delle residenze stile Liberty, arricchendo le tasche di pochi – e tra questi, anche mafiosi – e lasciando ferite ancora evidenti.

Per descrivere ciò che stava accadendo, venne coniata l’espressione “sacco di Palermo”, oggi conosciuta anche da chi per mestiere non fa né l’architetto né l’ingegnere.

Ed è proprio a quel periodo che si fa riferimento in una recente sentenza del Tar. Il tribunale ha dato ragione a un privato in una contesa riguardante l’utilizzo di un terreno, che sarebbe dovuto servire a realizzare poche decine di metri di strada e che invece per decenni è rimasto abbandonato senza – a posteriori – un vero perché.

Quasi un contraltare rispetto alle storie che hanno al centro le costruzioni selvagge avvenute negli anni in cui a spadroneggiare a Palermo erano Salvo Lima e Vito Ciancimino.

Verso Brancaccio

“Appare rilevante il completamento di via Pianell in quanto costituisce una significativa via di collegamento tra corso dei Mille e via Laudicina, strada a supporto dell’area industriale e commerciale di Brancaccio, necessaria per sgravare dal flusso veicolare”.

Sfogliando le pagine di una relazione di qualche anno fa, custodita negli uffici del Comune di Palermo, è difficile mettere in discussione la volontà di fare della via Pianell qualcosa di realmente funzionale. Oggi, infatti, è una strada che si interrompe contro un terreno abbandonato. Se si guarda lo stradario, l’illogicità è ancora più evidente.

Se però si sposta lo sguardo alla sentenza pubblicata il 5 agosto scorso dal Tar di Palermo, qualche dubbio inizia a sorgere. I giudici della terza sezione si sono espressi sul ricorso presentato da un 40enne, oggi proprietario del terreno che il Comune vorrebbe espropriare per farci la strada, nell’interesse – stando alla dichiarazione d’intenti – della migliaia di persone che ogni giorno attraversano questa parte di città.

Storia senza fine

L’uomo ha chiesto di annullare il rinnovo del vincolo preordinato all’esproprio per un motivo ben preciso: è una storia che va avanti da troppo tempo e tutto fa pensare che quella strada non verrà mai fatta. Considerazioni che il Tar ha sostanzialmente condiviso.

“Il signore è proprietario di un terreno su cui grava, già dal 1962, per effetto del Prg approvato in quell’anno, un vincolo a sede stradale”, si legge nella sentenza.

Il piano regolatore a cui fanno riferimento i giudici è quello che venne varato nel pieno del Sacco di Palermo.

A differenza dei condomini da dieci piani, la via Pianell è scivolata nel dimenticatoio, perlomeno per ciò che riguarda le azioni concrete che si sarebbero dovute fare. Sulla carta, infatti, il proposito è rimasto nell’agenda delle giunte comunali che si sono succedute nel tempo: il vincolo per il futuro esproprio è stato infatti rinnovato una prima volta nel 1997 e poi nel 2022.
La legge prevede che il vincolo abbia durata quinquennale, dopodiché per essere reiterato bisognerebbe dimostrarne la reale necessità di andare avanti.

Sul terreno di poco più di mille metri quadrati, dei quali una minima parte destinata a edilizia residenziale, invece non è successo nulla. E così nel 2019 il proprietario ha chiesto al Comune di tirarsi indietro e acconsentire alla trasformazione dell’intero lotto in area a destinazione residenziale.

Il ruolo della Regione

L’istanza del privato è caduta nel vuoto, finché il Tar, nel 2020, ha stabilito che per superare il silenzio del Comune fosse necessario l’intervento della Regione con la nomina di un commissario.
Ne sono seguite riunioni, in cui il Comune è rimasto della propria posizione: a dispetto di ciò che si potrebbe pensare, il completamento della via Pianell rientra tra gli obiettivi dell’ente e a dimostrarlo è anche il mantenimento dell’intervento nel piano triennale delle opere pubbliche.

Per il Tar, ciò non basta più. I giudici hanno chiesto di dimostrare concretamente l’esistenza di atti che giustifichino la prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato. E ciò non è avvenuto.

“Il Comune ha solo parzialmente adempiuto – si legge nella sentenza – Non ha prodotto né il progetto di massima dell’opera pubblica (da ritenersi, dunque, inesistente) né un documento che descrivesse graficamente l’area interessata, con l’esatta indicazione delle aree, ulteriori rispetto a quella di proprietà del ricorrente, la cui espropriazione sarebbe necessaria al fine della realizzazione dell’opera”.

Nel mirino è finita anche la mancanza di elementi che provino l’esistenza di vincoli sulle altre proprietà che verrebbero interessate dai lavori. “Il Comune ha prodotto una relazione sottoscritta dal capo-area e dal responsabile del procedimento, con cui si afferma che anche soltanto la realizzazione parziale dell’asse viario comporterebbe il potenziamento della struttura viaria esistente, così lasciando intendere che a oggi non sussistono i vincoli espropriativi necessari per la realizzazione dell’intera via Pianell”. Sul punto i giudici hanno sottolineato che “l’assenza di un intento vessatorio si evince dalla parità di trattamento che hanno tutti i destinatari dei precedenti vincoli decaduti”.

Mancanza di volontà

Per il tribunale amministrativo, dunque, una nuova apposizione del vincolo non sarebbe sorretto da ragionevoli motivazioni. “L’ulteriore limite alla proprietà privata, dopo circa sessant’anni, avrebbe potuto essere giustificato solo in presenza di una effettiva e seria volontà di realizzare (finalmente) questo tratto di viabilità – scrivono i giudici – Il Comune non risulta aver accantonato le somme necessarie alla realizzazione dell’esproprio e dei lavori, elemento – conclude la sentenza, che ha condannato il Comune e la Regione al pagamento delle spese processuali a favore del privato –  indispensabile al fine di dimostrare la serietà dell’intento di realizzare l’intervento pubblico”.