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Papa,”Il diritto di morire non ha basi giuridiche”

Papa,”Il diritto di morire non ha basi giuridiche”
Pope Francis visits the church of the Blessed Nicholas Boonkerd Kitbamrung Shrine near to Bangkok, Thailand, 22 november 2019. Pope Francis is in Thailand for an apostolic visit on the occasion of the 350th anniversary of the founding of Mission de Siam. Pope Francis is the first pontiff to visit Thailand in nearly four decades after John Paul II in 1984. ANSA / CIRO FUSCO

Francesco, “Inventato da una giurisprudenza che si autodefinisce ‘creativa’”. E, citando il giudice-martire Rosario Livatino, attacca la magistratura, “La Giustizia non sconfini in ambiti non propri”

Per il Papa, che ne ha parlato nell’udienza ai membri del Centro Studi “Rosario Livatino”, le sentenze “che in tema di diritto alla vita vengono talora pronunciate nelle aule di giustizia in Italia e in tanti ordinamenti democratici” sono “pronunce per le quali l’interesse principale di una persona disabile o anziana sarebbe quello di morire e non di essere curato; o che -secondo una giurisprudenza che si autodefinisce ‘creativa’- inventano un ‘diritto di morire’ privo di qualsiasi fondamento giuridico e in questo modo affievoliscono gli sforzi per lenire il dolore e non abbandonare a sé stessa la persona che si avvia a concludere la propria esistenza”.

In occasione del convegno nazionale sul tema “Magistratura in crisi. Percorsi per ritrovare la giustizia”, Francesco, ha sottolineato che il magistrato ucciso dalla mafia a 38 anni, il 21 settembre 1990 – “per il quale si è concluso positivamente il processo diocesano di beatificazione – continua a essere un esempio, anzitutto per coloro che svolgono l’impegnativo e complicato lavoro di giudice”.

Livatino, ha proseguito il Pontefice, “è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni”.

“In una conferenza – ha ricordato -, riferendosi alla questione dell’eutanasia, e riprendendo le preoccupazioni che un parlamentare laico del tempo aveva per l’introduzione di un presunto diritto all’eutanasia, egli faceva questa osservazione: ‘Se l’opposizione del credente a questa legge si fonda sulla convinzione che la vita umana […] è dono divino che all’uomo non è lecito soffocare o interrompere, altrettanto motivata è l’opposizione del non credente che si fonda sulla convinzione che la vita sia tutelata dal diritto naturale, che nessun diritto positivo può violare o contraddire, dal momento che essa appartiene alla sfera dei beni ‘indisponibili’, che né i singoli né la collettività possono aggredire’ (Canicattì, 30 aprile 1986, in Fede e diritto, a cura della Postulazione)”.

E secondo Francesco, “queste considerazioni sembrano distanti dalle sentenze” odierne sul tema.

“L’attualità di Rosario Livatino è sorprendente – ha aggiunto il Papa – perché coglie i segni di quel che sarebbe emerso con maggiore evidenza nei decenni seguenti, non soltanto in Italia, cioè la giustificazione dello sconfinamento del giudice in ambiti non propri, soprattutto nelle materie dei cosiddetti ‘nuovi diritti’, con sentenze che sembrano preoccupate di esaudire desideri sempre nuovi, disancorati da ogni limite oggettivo”.

“Il tema che avete scelto per il convegno di oggi – ha sottolineato il Pontefice – si inserisce in questo solco, e chiama in causa una crisi del potere giudiziario che non è superficiale ma ha radici profonde. Anche su questo versante, Livatino ha testimoniato quanto la virtù naturale della giustizia esiga di essere esercitata con sapienza e con umiltà, avendo sempre presente la ‘dignità trascendente dell’uomo’, che rimanda ‘alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella ‘bussola’ inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato”.

Secondo Francesco, “Rosario Livatino ha lasciato a tutti noi un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge”.